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xii - il cinquecento 393


Roma, nella corte di Leone decimo, dove convenivano d’ogni parte novellatori, improvvisatori, buffoni, latinisti, artisti e letterati, come giá presso Federico secondo. Anche i cardinali avevano segretari e parassiti di questa risma; anche i ricchi borghesi, come il conte Gambara di Brescia, il Chigi, i Sauli a Genova, i Sanseverino a Milano. Intorno a Domenico Veniero in Venezia si aggruppavano Bernardo Tasso, Trifon Gabriele, il Trissino, il Bembo, il Navagero, Speron Speroni; a Vittoria Colonna facevano cerchio in Napoli il vecchio Sannazaro, e il Costanzo, il Rota, il Tarsia. Da questi noti s’indovini la caterva de’ minori. Pensioni, donativi, impieghi, abbazie, canonicati, era la manna che piovea sul loro capo. E c’era anche la gloria: onorati, festeggiati, divinizzati, e senza discernimento confusi i sommi e i mediocri. Furono chiamati «divini», con Michelangelo e l’Ariosto, Pietro Aretino e il Bembo e Bernardo Accolti, detto anche «l’unico». Costui, fatto duca, usciva con un corteggio di prelati e guardie svizzere; dove giungeva, s’illuminavano le cittá, si chiudevano le botteghe, si traeva ad udire i suoi versi dimenticati: tanti onori non furono fatti al Petrarca. I letterati acquistarono coscienza della loro importanza: pitocchi e adulatori, divennero insolenti e si posero in vendita, e la loro storia si può riassumere in quel motto di Benvenuto Cellini: «Io servo a chi mi paga». Come si facevano statue, quadri, tempii per commissioni, cosi si facevano storie, epigrammi, satire, sonetti a richiesta, e spesso l’ingiuria era via a vendere a piú caro prezzo la lode. In quest’aria viziata gli uomini anche meno corrotti divenivano servili e ciarlatani per far valere la merce. Non ci è immagine piú straziante che vedere l’ingegno appiè della ricchezza, e udir Machiavelli chiedere qualche ducato a Clemente settimo, e l’Ariosto gridare al suo signore che non aveva di che rappezzarsi il manto, e veder Michelangelo, quando,

                                                   da’ rei tempi costretto,
eroi dipinse a cui fu campo il letto:
     
sdegnose parole di Alfieri. Soverchiavano i mediocri con l’audacia, la ciarlataneria, l’intrigo e la bassezza, ora addentandosi