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ii - i toscani 23


Un sonetto di Bondie Dietaiuti è similissimo a questo di concetto e di condotta, con minor movimento e grazia e freschezza, ma superiore d’assai per arte e perfezione di forma:

                                              Quando l’aria rischiara e rinserena,
il mondo torna in grande dilettanza,
e l’acqua surge chiara dalla vena,
e l’erba vien fiorita per sembianza,
     e gli augelletti riprendon lor lena,
e fanno dolci versi in loro usanza,
ciascun amante gran gioi’ ne mena
per lo soave tempo che s’avanza.
     Ed io languisco ed ho vita dogliosa:
come altro amante non posso gioire,
ché la mia donna m’ è tanto orgogliosa.
     E non mi vale amar né ben servire:
però l’altrui allegrezza m’è noiosa,
e dogliomi ch’io veggio rinverdire.
     

In questi due sonetti è grande semplicitá di pensiero e di andamento e una perfetta misura. Si ha aria di narrare quello si vede o si sente, senza riflessioni ed emozioni, ma con una vivacitá ed un colorito che suscita le piú vive impressioni. Il secondo sonetto è cosa perfetta, se guardi alla parte tecnica, ed accenna a maggior coltura; non solo la nuova lingua è pienamente formata, ma è giá elegante, giá la frase surroga i vocaboli propri: a me piace piú la perfetta semplicitá del sonetto femminile, con movenza piú vivace, piú immediata e piú naturale.

La proprietá, la grazia e la semplicitá sono le tre veneri che si mostrano nel volgare, come si era ito formando in Toscana; qualitá che trovi ancora dove è piú difficile a serbarle, quando per una impazienza interna si rompe il freno e si dicono i secreti piú delicati dell’animo con tanta piú audacia quanto maggiore è stata la compressione, e con la sicurezza di chi sente che non ha torto ma ragione: è una violenza raddolcita da una