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viii - il «canzoniere» | 265 |
cristiano, non contraddetto mai dal suo intelletto, ora penetra nel suo cuore, gli appare come un mondo nuovo, che dipinge con accenti di maraviglia:
Come va ’l mondo! or mi diletta e piace |
Ecco in che modo rappresenta questo nuovo stato nel suo inno alla Vergine:
Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno, |
Quest’uomo, che gitta sul passato lo sguardo del disinganno, che chiama la sua vita miseria e peccato, che vede gli anni fuggiti con tanta rapiditá, senza alcun frutto, ben si promette di fare un altro canzoniere alla Vergine; ma è troppo tardi. — Omai son stanco! — grida. E se ne’ Trionfi cerca ingrandire il suo orizzonte e uscire da sé e contemplare l’umanitá, ciò che ne’ suoi versi ha ancora qualche interesse è il suo passato, che i vecchi hanno il privilegio di evocare, rifarne qualche frammento; è soprattutto il sogno di Laura, tanto imitato da poi.
Chi legge il Canzoniere non può non ricevere questa impressione: di un mondo astratto, rettorico, sofistico, quale fu foggiato da’ trovatori, dove appariscono sentimenti piú umani e reali e forme piú chiare e rilevate; o, se vogliamo guardare piú alto, di un mondo mistico-scolastico oltreumano, ammesso ancora dall’intelletto, ma repulso dal cuore e condannato dall’immaginazione. Se guardiamo alla forma, quel mondo ha