Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1912 – BEIC 1806199.djvu/271


viii - il «canzoniere» 265

cristiano, non contraddetto mai dal suo intelletto, ora penetra nel suo cuore, gli appare come un mondo nuovo, che dipinge con accenti di maraviglia:

     Come va ’l mondo! or mi diletta e piace
quel che piú mi dispiacque; or veggio e sento
che per aver salute ebbi tormento,
e breve guerra per eterna pace.

Ecco in che modo rappresenta questo nuovo stato nel suo inno alla Vergine:

Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno,
cercando or questa ora quell’altra parte,
non è stata mia vita altro ch’affanno.
Mortal bellezza, atti e parole m’hanno
tutta ingombrata l’alma.
Vergine sacra ed alma,
non tardar: ch’i’ son forse all’ultim’anno.
I dí miei, piú correnti che saetta,
fra miserie e peccati
sonsen andati, e sol Morte ne aspetta.

Quest’uomo, che gitta sul passato lo sguardo del disinganno, che chiama la sua vita miseria e peccato, che vede gli anni fuggiti con tanta rapiditá, senza alcun frutto, ben si promette di fare un altro canzoniere alla Vergine; ma è troppo tardi. — Omai son stanco! — grida. E se ne’ Trionfi cerca ingrandire il suo orizzonte e uscire da sé e contemplare l’umanitá, ciò che ne’ suoi versi ha ancora qualche interesse è il suo passato, che i vecchi hanno il privilegio di evocare, rifarne qualche frammento; è soprattutto il sogno di Laura, tanto imitato da poi.

Chi legge il Canzoniere non può non ricevere questa impressione: di un mondo astratto, rettorico, sofistico, quale fu foggiato da’ trovatori, dove appariscono sentimenti piú umani e reali e forme piú chiare e rilevate; o, se vogliamo guardare piú alto, di un mondo mistico-scolastico oltreumano, ammesso ancora dall’intelletto, ma repulso dal cuore e condannato dall’immaginazione. Se guardiamo alla forma, quel mondo ha