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plenitudine volante di angeli, che diffondono un po’ di vita tra quella calma. Il vero significato lirico del paradiso è nell’inno di {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante} a Beatrice e nell’inno di san Bernardo alla Vergine, ne’ quali è il paradiso guardato dalla terra con sentimenti e impressioni di uomo. I beati stessi diventano interessanti, quando tra quella luce vedi spuntare

                                                   ... visi a caritá suadi...
ed atti ornati di tutte onestadi,
     
o quando «chiudon le mani» implorando la Vergine.

Anche Dio ha voluto descrivere Dante, e vede in lui l’universo, e poi la trinitá e poi l’incarnazione, congiunzione dell’umano e del divino, in cui si acqueta il desiderio, il «disiro» e il «velle»:

                                    si come ruota che igualmente è mossa.      

Dante vede, ma è visione di cui hai le parole e non la forma; ci è l’intelletto, non ci è piú l’immaginazione, divenuta un semplice lume, un barlume. La forma sparisce; la visione cessa quasi tutta; sopravvive il sentimento:

                                                             ... Quasi tutta cessa
mia visione, ed ancor mi distilla
nel cuor lo dolce che nacque da essa.
     Cosi la neve al sol si disigilla;
cosí al vento nelle foglie lievi
si perdea la sentenzia di sibilla.
     

L’immaginazione, morendo, manda in questi bei versi l’ultimo raggio. A1I’«alta fantasia» manca la possa; e insieme con la fantasia muore la poesia.

Cosi finisce la storia dell’anima. Di forma in forma, di apparenza in apparenza, ritrova e riconosce se stessa in Dio, pura intelligenza, puro amore e puro atto. Ed è in questa concordia che l’anima acqueta il suo desiderio, trova la pace. Nell’Inferno signoreggia la materia anarchica: le sue forme ricevono d’ogni sorte differenze, spiccate, distinte, corpulente e personali. Nel Purgatorio la materia non è piú la sostanza, ma un momento: