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il terrore; la natura, spogliata della sua bellezza, è un bello negativo, pieno di strazio e di malinconia. È la natura snaturata, depravata, a immagine del peccato: con la virtú, se n’è ita la bellezza, sua faccia.

Questa natura snaturata vien fuori con maggior vita nelle pene. Perché il concetto nella natura sta immobile come nell’architettura e nella scultura; dove nelle pene acquista ogni varietá di attitudini e di movenze. Le pene sono la coscienza fatta materia, e qui esprimono la violenza della passione. In quella natura eterna e tenebrosa odi un mugghio, «come fa mar per tempesta», e il rovescio della grandine, e il cozzo delle moltitudini: moti disordinati, violenti, come i moti dell’animo. Vedi tombe ardenti, laghi di sangue, alberi che piangono e parlano, la natura sforzata e snaturata dal peccatore. Gli strani accozzamenti producono l’effetto del maraviglioso e del fantastico; ma il fantastico è presto vinto, e ti piglia il raccapriccio e l’orrore. Il poeta prende in troppa serietá il suo mondo per darsi uno spasso di artista e sorprenderci con colpi di scena: tocca e passa; e non vuol fare effetto sulla tua immaginazione, vuol colpire la tua coscienza. Dove il fantastico è piú sviluppato, è nella selva de’ suicidi; ma anche li vien subito la spiegazione, e la maraviglia dá luogo a una profonda tristezza.

Ma il concetto non ha ancora la sua subiettivitá, non è ancora anima. Un primo grado di questa forma è nel demonio. Cielo e inferno sono stati sempre popolati di legioni angeliche e sataniche, che riempiono l’intervallo tra l’uomo e Dio, tra l’uomo e Satana. È la storia del bene e del male, che si sviluppa nella nostra anima, un progressivo indiarsi o indemoniarsi. Diversi di nomi e di forme secondo le religioni e le civiltá, i demòni hanno per base i diversi gradi del male, e per forma il gigantesco e il mostruoso, il puro terrestre, il bestiale giunto all’umano, e spesso preponderante, come nella Sfinge, nella Chimera, in Cerbero. Il demonio di Dante non ha piú la sua storia, come in terra: spirito tentatore accanto alf’uomo e ribelle e rivale di Dio. Qui è immobilizzato come l’uomo; la sua storia è finita: cosa gli resta? Soffrire e far soffrire, vittima e carnfice