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vii - la «commedia» 179


Il loro supplizio è la coscienza della loro viltá, il sentirsi dispregiati, cacciati dal cielo e dall’inferno. Ritratto immortale e popolarissimo, di cui alcuni tratti sono rimasti proverbiali. Esseri poetici, appunto perché assolutamente prosaici, la negazione della poesia e della vita; onde nasce il sublime negativo degli ultimi tre versi:

                                              Fama di loro il mondo esser non lassa;
Misericordia e Giustizia gli sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa
     

Se i negligenti non sono nell’inferno perché mancò loro la forza del bene e del male, gl’innocenti e i virtuosi non battezzati non sono in paradiso perché mancò loro la fede: sono nel limbo. E anche qui il concetto teologico ci sta per memoria, per semplice classificazione. La poesia nasce da altre impressioni e da altri criteri. Il valore poetico dell’uomo non è nella sua moralitá e nella sua fede, ma nella sua energia vitale; non è una idea, ma una forza: il personaggio poetico. Perciò il negligente, considerato esteticamente, è un sublime negativo, la negazione della forza, il non esser vivo. E perciò qui, nel limbo, la mancanza di fede è un semplice accessorio, e l’interesse è tutto nel valore intrinseco dell’uomo, come essere vivo, come forza. Dio ha lo stesso criterio poetico e dá ad alcuni un luogo distinto, non per la loro maggiore bontá, ma per la fama che loro acquistò in terra la grandezza dell’ingegno e delle opere:

                                                   L’onrata nominanza,
che di lor suona su nella tua vita,
grazia acquista nel ciel, che si gli avanza.
     

Concetto poco ascetico e poco ortodosso; ma Dio si fa poeta con Dante e gli fabbrica un Eliso pagano, un pantheon di uomini illustri. E chi vuol trovare le impressioni di Dante, quando alzava questo magnifico tempio della storia e della coltura antica, e le impressioni che ne dovettero ricevere i contemporanei, ricordi le sue impressioni quando, giovinetto, su’ banchi della