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ci sta a disagio. La sua forza non è l’ardore della ricerca e della investigazione, che è il genio degli spiriti speculativi. La scienza è per lui un domma: il cervello rimane passivo in quelle scolastiche esposizioni. Avea troppa immaginazione perché potesse rimaner nell’astratto, e studia piú a figurarlo e colorirlo che a discuterlo e interrogarlo. La fantasia creatrice, il vivo sentimento della realtá, le passioni ardenti del patriota disingannato e offeso, le ansietá della vita pubblica e privata, non poteano avere appagamento in quella regione astratta della scienza, che pur gli era tanto cara. Sentiva il bisogno meno di esporre che di realizzare. E volle realizzare questo regno della scienza o regno di Dio, che tutti cercavano: farne un mondo vivente.

Il mondo è una selva oscura, corrotto dal vizio e dall’ignoranza. Rimedio è la scienza, secondo i cui principi dovrebb’esser conformato. La scienza è il mondo ideale, non qual è ma quale dee essere. Questo ideale si trova realizzato nell’altra vita, nel regno di Dio, conforme alla veritá e alla giustizia. Perciò ad uscir dalla selva non ci è che una via: la contemplazione e la visione dell’altra vita. Per questa via l’anima, superate le battaglie del senso e purificatasi, ha la sua pace, la sua eterna «commedia», la beatitudine.

Da questo concetto semplice e popolare usci la contemplazione o visione, detta la «commedia», rappresentazione allegorica del regno di Dio: il «mistero dell’anima» o la «commedia dell’anima».