Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1912 – BEIC 1806199.djvu/146

140 storia della letteratura italiana


scrivere cosí alla buona e come si parla era tenuto barbarie e rozzezza. Vagheggiavano una forma di dire illustre e nobile, prossima alla maestá del latino, della quale Dante die’ nel Convito un saggio poco felice. Né potea piacere quella semplicitá di ragionamento con tanta scarsezza di dottrina ad uomini che uscivano dalle scuole con tanta filosofia in capo, con tanta erudizione sacra e profana. Ma se aveano in poco conto quella letteratura, giudicata povera e rozza, non era diverso il concetto che essi avevano della vita. I teologi filosofavano e i filosofi teologizzavano. La rivelazione rimaneva integra nelle sue basi essenziali, ammesse come assiomi indiscutibili. Tali erano l’unitá e personalitá di Dio, l’immortalitá dello spirito e lo scopo della vita oltre terreno.

Ma se il concetto era lo stesso, la materia era piú ampia, abbracciando la coltura, oltre la Bibbia e i santi padri, quanto del mondo antico era noto; e la forma era piú libera, paganizzando sotto lo scudo dell’allegoria e voltando il linguaggio cristiano nelle formole di Aristotile e Platone.

Il regno di Dio chiamavano «regno della filosofia». E realizzare il regno di Dio era conformare il mondo a’ dettati della filosofia, unificare intelletto e atto. Il mediatore era l’amore, principio delle cose divine e umane; e non l’amore sensuale, ch’era peccato, ma un amore intellettuale, l’amore della filosofia. Il frutto dell’amore è la sapienza, che non è puro intelletto, ma intelletto e atto congiunti, la virtú. Il regno di Dio in terra era dunque il regno della virtú o, come dicevano, della giustizia e della pace. A realizzare questo regno erano istrumenti i due soli, i due organi di Dio: il papa e l’imperatore. La politica era l’arte di realizzare questo regno della giustizia e della pace, rendendo gli uomini virtuosi e felici. Il criterio politico era puramente etico, coinè s’è visto in Albertano giudice, in Egidio Colonna, in Mussato, in Dino Compagni. All’effettuazione di questo regno etico concorreva la tradizione virgiliana, perché Virgilio era un testo non meno rispettabile che la Bibbia. E si attendeva la monarchia predestinata da Dio, la ristorazione dell’impero romano.