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vi - il trecento 127


perché fece dire a’ Cerchi: — «Fornitevi, e ditelo agli amici vostri». —

I Neri, «conoscendo i nimici loro vili e che aveano perduto il vigore», vengono a‘ ferri. I Medici lasciano per morto Orlandi, un valoroso popolano. Si grida a’ priori: — Voi siete traditi, armatevi! —

Ecco finalmente sventolare sulle finestre il gonfalone di giustizia. Molti vanno «nascosamente... dal lato di parte nera». Ma traggono alla Signoria «i soldati che non erano corrotti», e altre genti e amici a piè e a cavallo. Era il momento di operare con vigore. Ma «i signori, non usi a guerra», erano «occupati da molti che voleano essere uditi; e in poco stante si fe’ notte». Il podestá non si fe’ vivo. Il capitano non si mosse, come «uomo piú atto a riposo e a pace che a guerra». «La ratinata gente non consigliò». Il giorno fini, e non si concluse nulla, e la gente stanca se ne andò, e ciascuno pensò a se stesso. E Dino cosa facea? Dava udienza.

I Neri lusingavano e indugiavano i Bianchi con buone parole:


Li Spini diceano alli Scali. — Deh! perché facciamo noi cosí? Noi siamo pure amici e parenti, e tutti guelfi; noi non abbiamo altra intenzione che di levarci la catena di collo, che tiene il popolo a voi e a noi. E saremo maggiori che noi non siamo. Mercé per Dio, siamo una cosa, come noi dovemo essere. — ...Quelli, che riceveano tali parole, s’immollavano nel cuore,... e i loro seguaci invilirono.


I ghibellini, credendosi abbandonati, si smarrirono, e gli sbanditi si avvicinavano alla cittá. Come farli entrare? Carlo instava presso la Signoria perché si desse a lui la guardia della cittá e delle porte, ché farebbe de’ malfattori aspra giustizia. E sotto questo nascondea la sua malizia, nota l’arguto Dino. Ma l’arguto Dino gli dá la guardia delle porte d’Oltrarno! Bisogna proprio sentir lui:


Le chiavi gli furono negate, e le porti d’Oltrarno gli furono raccomandate, e levati ne furono i fiorentini e furonvi messi i franciosi. E messer Guglielmo cancelliere e ’l manescalco di messer