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«che contro a loro volontá li arebbe ritenuti». Un giorno disse «che a Santa Maria Novella fuori della terra volea parlamentare..., e che piacesse alla Signoria esservi». Dino vi mandò tre soli de’ compagni: «a’ quali niente disse, come colui che non volea parole, ma si uccidere»:


Molti cittadini si dolsono di noi per quella andata, parendo loro che andassono al martirio. E quando furono tornati, lodavano Iddio che da morte gli avea scampati.


Volevano, «se la Signoria vi fusse ita tutta», ucciderli «fuori della porta e correre la terra per loro». E Dino che facea?

C’è un brano stupendo, che è una pittura. Vedi come Dino passava i giorni, la sua incapacitá e i suoi affanni:


I signori erono stimolati da ogni parte. I buoni diceano che guardassono ben loro e la loro cittá. I rei li contendeano con quistioni. E tra le domande e le risposte il di se ne andava. I baroni di messer Carlo gli occupavano con lunghe parole. E cosí viveano con affanno.


Un rimedio gli è suggerito da frate Benedetto: — Fate fare processione, «e del pericolo cesserá gran parte». — E Dino fece la processione, «e molti lo schernirono, dicendo che meglio era arrotare i ferri». E Dino conchiude, parlando di sé e de’ colleghi: «Niente giovò, perché usorono modi pacifici, e volevano essere repenti e forti. Niente vale l’umiltá contro alla grande malizia». Tutto ti è messo sott’occhio, come in una rappresentazione drammatica. Vedi i Neri in istrada, corrompere, far gente, mostrare la loro potenza. Diceano:


— Noi abbiamo il signore in casa, il papa è nostro protettore; gli avversari nostri non sono guerniti né da guerra né da pace; danari non hanno; i soldati non sono pagati. —


E misero in ordine «tutto ciò che a guerra bisognava,...invitati molti villani d’attorno e tutti gli sbanditi». I Neri si armavano; i Bianchi no, perché era contro la legge, e Dino minacciava di punirli. E ora che scrive, a scolparsi, nota che fu per avarizia,