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vi - il trecento 123


uomini deboli e pacifici, i quali sotto spezie di pace credeano leggermente poterli ingannare». Che buon Dino! Egli stesso pronunzia la sua sentenza.

I Neri, «a quattro e a sei insieme», preso accordo fra loro, li andavano a visitare e diceano: — «Voi sèie buoni uomini, e di tali avea bisogno la nostra cittá. Voi vedete la discordia de’ cittadini vostri: a voi la conviene pacificare, o la cittá perirá. Voi séte quelli che avete la balia, e noi a ciò fare vi proferiamo l’avere e le persone di buono e leale animo». — E benché «di cosí false profferte dubitassero, credendo che la loro malizia coprissono con... falso parlare», pure Dino per commessione de’ suoi compagni rispose: — «Cari e fedeli cittadini, le vostre profferte noi riceviamo volentieri e cominciare vogliamo a usarle; e richieggiamvi che voi ci consigliate, e pognate l’animo a guisa che la nostra cittá debba posare». — Che scellerati! e che buoni uomini! Non si può meglio rappresentare la malizia degli uni e l’innocenza degli altri. Scrivendo dopo i fatti, Dino si picchia il petto e dice il mea culpa: «E cosí perdemmo il primo tempo, ché non ardimmo a chiudere le porte né a cessare l’udienza a’ cittadini... Demmo loro intendimento di trattare pace, quando si convenia arrotare i ferri».

Poiché si trattava la pace, i Bianchi smessero dalle offese e i Neri presero baldanza. E Dino confessa questo primo effetto della sua bontá: «La gente, che tenea co’ Cerchi, ne prese viltá, dicendo: — Non è da darsi fatica, ché pace sará. — E i loro avversari pensavano pur di compiere le loro malizie!».

La voce che Bonifazio ottavo si fosse chiarito contrario a’ Cerchi e che Carlo di Valois veniva in Firenze, dovea aver tanto imbaldanzito i Neri, che a costoro pareva un atto di debolezza e di paura quello che in Dino era ispirato da sincero amore di concordia. E quelle pratiche di pace spacciavano covare sotto un tradimento. La forza materiale era ancora in mano di Dino; ma la forza morale passava agli avversari, piú audaci e confidenti in vicina vittoria. Giá ci era un’altra aria in cittá. Non pur gl’indifferenti, ma anche noti seguaci de’ Cerchi mutavano lingua. Sicché l’oratore di Carlo riferí che «la parte de’