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v - i misteri e le visioni 103


E veggono un lago grandissimo pieno di serpenti che tutti pareano che gittassero fuoco, e odono voci uscire di quel lago e stridere, come di mirabili popoli che piagnessero e urlassero. E pervenuti che sono fra due monti altissimi, appare loro un uomo di statura in lunghezza bene di cento cubiti incatenato con quattro catene, e due delle quali eran confitte nell’un monte e l’altre due nell’altro. E tutto intorno a lui era fuoco, e gridava si fortemente che si udiva bene quaranta miglia da lungi. E vengono in un luogo molto profondo e orribile e scoglioso e aspro, nel quale vedono una femmina nuda, laidissima e scapigliata in volto e compresa tutta da un dragone grandissimo; e quando ella volea aprire la bocca per parlare o per gridare, quel dragone le mettea il capo in bocca e mordeale crudelmente la lingua; e i capelli di quella femmina erano grandi infino a terra.

Nella Vita di santa Margherita si trova questa pittura del dragone:


Vide uscire un dragone crudelissimo e orribile con isvariati colori, e la barba e i capelli parean d’oro, e’ denti suoi pareano di ferro, e gli occhi acuti e lucenti come fuoco acceso, e colla bocca aperta menava la lingua, e parea che per le nari e per la bocca gittasse fuoco, e puzzo gittava di zolfo.


Tra le visioni è celebre il purgatorio di San Patrizio di frate Alberico, e quella d’Ildebrando, poi Gregorio settimo, che, predicando innanzi a papa Niccolò terzo, narra di un conte ricco e insieme onesto: «ciò che è proprio un miracolo in questa gente» egli dice. Questo conte, morto dieci anni innanzi, fu visto, da un santo uomo ratto in ispirito, starsi al sommo d’una scala lunghissima, che ergevasi illesa tra le fiamme e si perdeva giú nell’inferno. Su ciascuno scalino stava uno degli antenati del conte, con quest’ordine: che, quando alcuno moriva di quella famiglia, doveva occupare il primo gradino, e colui che vi giaceva e tutti gli altri scendevano di un grado verso l’abisso, dove tutti, l’uno appresso l’altro, si sarebbero riuniti. E chiedendo il santo uomo come fosse dannato il conte, che avea lasciata in terra buona fama di sé, si udí una voce rispondere: — Uno degli antenati, di cui il conte è l’erede in decimo grado, tolse