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janin e alfieri i45

Che ha fatto Janin? Ha raccolti certi fattarelli, li ha tolti dal loro luogo, li ha collocati e cuciti a suo modo e li ha chiamati la «Vita d’Alfieri». Ci fosse un fatto solo ch’egli avesse compreso! Nessuno. Mostra un’ignoranza assoluta della nostra letteratura e dei tempi di Alfieri. È tutto ignoranza?

Spesso ho udito a dire: se avessi di che vivere, gitterei a mare tutti i libri. Si esce di scuola, abborrendo lo studio, e non si tosto l’universitá ti proclama dottore, tu ti affretti a sdottorarti e a gittar via dalla mente tutto quell’ingombro ficcatovisi a forza, che nelle scuole si chiama dottrina. Questo oggi, che pure qualche tenue miglioramento si è introdotto nelle scuole: e che diremo ne’ tempi di Alfieri? Bisogna leggere la vivace descrizione ch’egli fa de’ suoi primi studi. Mettere in mano ad un fanciullo di undici anni le regole di Portoreale; intrigarlo in una rete avviluppatissima di preteriti, gerundi e supini; ingombrargli la memoria di centinaia di versi latini; negargli ogni lettura di libri italiani; lasciare in una compiuta inerzia l’intelletto e la fantasia cioè tutta l’anima; andare a ritroso della natura, separarsi dal mondo vivente ed abitare come in un sepolcro, nella morta regione delle astrazioni; niente di concreto, in una etá in cui l’uomo è tutto occhi ed immaginazione; un cumulo di regole ed eccezioni, che dicesi grammatica; un cumulo di luoghi topici, etici, patetici, di tropi, di figure, che dicesi rettorica; un cumulo di quistioni, obbiezioni e dimostrazioni, che dicesi filosofia... Dio buono! se ci è oggi ancora alcuno, che sappia pensare tra noi, è un miracolo. Che ne avviene? I piú istupidiscono, e questo gregge muto e tranquillo è proposto ad esempio; altri piú vivaci reagiscono e sono gl’impertinenti ed i perditempo; alcuni sospinti da emulazione negli ingrati studi, vi si cacciano in mezzo logorandovi la memoria ed imbestiando la mente, con un ardore fattizio, che piú tardi si trasforma in abborrimento. Il povero Alfieri, quando i compagni entravano in gara, li vinceva tutti, e quando i compagni dormivano, dormiva anche lui; e quando l’universitá lo ebbe gridato filosofo e dottore, mandò al diavolo dottorato e filosofia, pose da canto i libri ed avrebbe voluto perfino dimenticarsi di leggere. Cosí