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iii. il «morgante» 47


Comparisce come un ghiottone che scherza sulle cose religiose, e questa satira indiretta è fatta spiritosamente, giacché c’è intenzione comica. E qui, fate di non frantendermi. Quando dico che il comico del Pulci è plebeo, buffonesco, non lo biasimo. Dio mio! non può biasimarsi ciò ch’era nello spirito del suo tempo. Noi uomini civili udendo o fiutando alcune cose, ci turiamo naso ed orecchie, ma studiando un autore, dobbiamo esaminarlo secondo lo spirito de’ suoi tempi. Sia pure buffone e plebeo, ma, non si può mai, in nessun modo, venir dispensato dall’essere spiritoso. E fin qui troviamo spirito. Qualche volta è felice anche nel rappresentar la sua ghiottoneria, com’è dove tratta del modo di cucinare il migliaccio ed il fegatello. E bellissimi sono questi due versi sul fegatello:

Che cosí verdemezzo come un fico
Par che si strugga quando tu l’azzanni.

Dopo si presenta come mariuolo, come malandrino, come falsario, e, da ultimo, parla del bestemmiare, del corrompere, ecc., con tutti i vocaboli del tempo. Vi son cose imperfettissime, altre benissimo scritte.

Morgante trova in lui il suo simile: che, infatti, Margutte non è che Morgante imbruttito e reso ignobile. E si mettono in via insieme per raggiungere Orlando. I canti decimottavo e decimonono sono consacrati alle loro imprese. Ne trasceglierò una.

Affamati e sitibondi, giungono ad una fontana, alla quale dissetavasi un liocorno che Morgante uccide con una battagliata. Poi Morgante fa del fuoco, percuotendo col battaglio un macigno, mentre Margutte suppone della paglia. Ma, quando si è al mangiare, Margutte rimane digiuno, giacché Morgante fa sette bocconi per uno dei suoi. In questa scena spicca mirabilmente quanto v’è di comico fra loro. Margutte dice:

— ...Per Dio, tu mangeresti una balena.
Non è cotesta gola mai ristucca:
Io ti vorrei per mio compagno avere
Ad ogni cosa, eccetto ch’ai tagliere — .