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iii. il «morgante» | 4i |
riori. Questi non hanno corna, né zampe, né ferocia; sono buoni compagni; contengono il germe del diavolo zoppo, cioè del diavolo affatto umanizzato.
Quando stanno per separarsi, Rinaldo dice ad Astarotte:
... — Astarotte, tu se’ pure amico, E io ti son veramente tenuto, E tanto in verità t’affermo e dico: Se mai per grazia e’ sarà conceduto Che il ciel rimuti il suo decreto antico, Sua legge sua sentenzia o suo giudizio, Ricorderommi d’un tal benefízio. Altro certo offerir non ti poss’ora; L’anima chi la dié credo sua sia, Il resto tutto sai convien che mora: O sommo amore, o nuova cortesia! — Vedi che forse ognun si crede ancora Che questo verso del Petrarca sia, Ed è già tanto e’ lo disse Rinaldo; Ma chi non ruba, è chiamato rubaldo. Disse Astarotte: — Il buon volere accetto; Per noi fien sempre perdute le chiavi. Maestá lesa infinito è il difetto: O felici cristian, voi par che lavi Una lacrima sol col pugno al petto, E dir: «Signor, tibi soli peccavi!». Noi peccammo una volta e in sempiterno Rilegati siam tutti nello inferno — . |
Chi penserebbe che qui parli il diavolo? È un uomo cortese, pieno di sensibilità, che si congratula coi cristiani della loro fortuna.
Con maraviglia avete qui visto il Pulci elevarsi da quel terreno buffonesco che gli è ordinario; ma è un vecchio peccatore, e ricade finalmente sempre nell’ultime buffonerie. Cosa tanto più sorprendente in quanto che vivea in una Corte coltissima. E un fenomeno curioso di quei tempi che la realtà sia più bella dell’arte comica. La sola commedia era rimasta plebea e gros-