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iii. pietro metastasio 2ii

fra passioni cosí concitate. E sono sopportabili, appunto perché mescolati co’ moti piú vivaci, con la piú impetuosa spontaneitá del sentimento, offrendoti lo spettacolo della vita nelle sue piú varie apparenze. Argene che sfida la morte per salvare l’amato, si sente alzare su di sé, come invasata da un Iddio, ed è sublime:

     Fiamma ignota nell’alma mi scende.
Sento il Nume, m’ispira, m’accende;
Di me stessa mi sento maggior.
     Ferri, bende, bipenni, ritorte,
Pallid’ombre, compagne di morte.
Giá vi guardo, ma senza terror.
Commovente è la gioia quasi delirante di Aristea nel rivedere l’amato. Di un elegiaco ineffabile è il canto di Timante, quando la madre gli presenta il suo bambino:
     Misero pargoletto,
Il tuo destin non sai:
Ah non gli dite mai.
Qual’era il genitori
     Come in un punto, o Dio,
Tutto cambiò d’aspetto;
Voi foste il mio diletto.
Voi siete il mio terror!
Alcuni motti tenerissimi sono rimasti proverbiali, come:
     Ne’ giorni tuoi felici
Ricordati di me.


Questa vita ne’ suoi moti alterni di spontaneitá e di riflessione cosí equilibrata, essendo superficiale ed esteriore, ha per suo carattere la chiarezza, è visibile e plastica. Le gradazioni piú fine, i concetti piú difficili sono resi con un’estrema precisione di contorni; e perciò non hanno riverbero, appagano e saziano lo sguardo, lo tengono sulla superficie, non lo gittano nel profondo. Questa chiarezza metastasiana tanto vantata e