Pagina:De Sanctis, Francesco – La poesia cavalleresca e scritti vari, 1954 – BEIC 1801106.djvu/202


iii. pietro metastasio i97

Qui lascia le solite generalitá, entra nel vivo dei particolari e vi mostra la forza di chi sa giá tutto dire e nel modo piú felice. Gli epitalamii non sono in fondo che idillii, col solito macchinismo mitologico: Amore, Venere, Marte, Vulcano, Diana, Minerva. Né altro sono le prime sue azioni teatrali, rappresentate in Napoli, come la Galatea, l’Endimione, gli Orti esperidi, l’Angelica. Diamo un’occhiata all’Angelica. Di rincontro a’ protagonisti, Angelica e Orlando, stanno il pastore e la pastorella. Licori e Tirsi. Vedi il solito antagonismo fra la cittá e la campagna, la scaltrezza di Angelica e l’ingenuitá di Licori: onde nasce un intrighetto che riesce nel piú schietto comico. Le furie di Orlando non possono turbare la pace idillica, diffusa in tutto il quadro, e lo stesso Orlando finisce idillicamente:

Torna, torna ad amarmi e ti perdono.
               Aurette leggiere.
               Che intorno volate,
               Tacete, fermate,
               Che torna il mio ben.
Angelica lascia per sempre quegli ameni soggiorni con un’arietta elegiaca penetrata di grazia e di dolcezza idillica:
     Io dico all’antro: addio.
Ma quello al pianto mio
Sento che mormorando
Addio, risponde.
     Sospiro e i miei sospiri,
Ne’ replicati giri,
Zeffiro rende a me
Da quelle fronde.
La canzonetta celebre di Licori, piú che parola è giá musica messa in parola, ima pura esalazione melodica, una espressione sentimentale rigirata in se stessa, come un ritornello:
     Ombre amene,
Amiche piante,
Il mio bene.
Il caro amante.
Chi mi dice ove ne andò?