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98 la poesia cavalleresca

capretti, suona la tromba e prende il tono maestoso. Quando la letteratura italiana è risorta, è risorto ancora questo difetto tradizionale: in Giordani, Perticari, Monti e Foscolo, trovate questo tono superiore alle cose. Quando l’autore è esaltato per sé come Foscolo, quando quest’esagerazione vien dal di dentro, è perdonabile, passi; ma quando è puramente esterna convenzionale, divien ridicola, come in Vincenzo Monti, animo vulgare, il cui rimbombo di frasi e di parole non ha radice nel cuore e nel carattere.

Come oggi lo scrittor più notabile d’Italia è quegli che ha dato alla prosa quel tono d’amabile causerie, di realtà che le mancava, il Manzoni, che opponendosi al Verri delle Notti Romane e al Foscolo di Jacopo Ortis, ha dato uno stile facile, andante e naturale alla prosa nostra, così i due maggiori scrittori del Cinquecento hanno inutilmente tentato d’opporsi a questo convenzionalismo, e sono in prosa il Machiavelli, in poesia l’Ariosto. Ariosto è perfettamente lontano da quel tono convenzionale, poi malauguratamente suggellato dall’esempio del Tasso; è come una vecchierella che racconti a nipotini, che si diverte osservando le loro impressioni:

I’ vi vo’ dire, e far di maraviglia
stringer le labbra, ed inarcar le ciglia.

Questo è il suo tono ordinario. Che ne nasce? Se suonate la tromba parlando di cose ordinarie, che farete giunto alla parte poetica? Se narrate tutto sur un tono, manca il rilievo, il risalto necessario a certe parti; se tutto è sublime, nulla è sublime; volendo attirar l’attenzione su tutto, non l’attirerete su nulla. Così n’è della Basvilliana, che sul principio v’alletta e stordisce; ma riman fredda e monotona nelle parti poetiche; quel poema riempie solo l’orecchio. Se pure voleste dar risalto a quelle parti, cadereste nel difetto del Tasso, che giunto alle parti elevate cade nell’affettato, precipita nel raffinato.

E non solo l’esaltazione fattizia è biasimevole per questo, ma per sé. Non tutte le circostanze d’un fatto poetico sono