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92 la giovinezza

centisti, e facevo lucere innanzi alla gioventùuno schema di grammatica filosofica e metodica, quale appariva negli scrittori francesi. Dicevo che costoro erano eccellenti nell’analisi delle forme grammaticali, risalendo alle forme semplici e primitive: così amo vuol dire io sono amante. La ellissi era posta da loro come base di tutte le forme di una grammatica generale. Questo non mi contentava che a mezzo. Io sosteneva che quella decomposizione di amo in sono amante m’incadaveriva la parola, le sottraeva tutto quel moto che le veniva dalla volontà in atto. I giovani sentivano quei giudizi acuti con raccoglimento, e mi credevano in tutta buona fede quell’uno che doveva oscurare i Francesi e irradiare l’Italia di una scienza nuova.

E in verità io sosteneva che la grammatica non era solo un’arte, ma ch’era principalmente una scienza: era o doveva essere. Questa scienza della grammatica, malgrado le tante grammatiche ragionate e filosofiche, era per me ancora un di là da venire. Quel ragionato appiccicato alle grammatiche era una protesta contro la pedanteria passata, e voleva dire che non bastava dare le regole, ma che di ciascuna regola bisognava dare i motivi o le ragioni. Paragonavo i grammatici o accozzatoli di regole agli articolisti, che credevano di sapere il Codice, perché si ficcavano in capo gli articoli, parola per parola, e numero per numero. Ma quel ragionare la grammatica non era ancora la scienza. Certo era un progresso, e io ne dava lode ai nostri del Cinquecento e ai Francesi, i quali ponevano la spiegazione della regola ora nella derivazione da lingue precedenti, ora nell’uso dei buoni scrittori, e ora nell’uso vivo del popolo, e così ne tiravano notizie utili e ragioni plausibili. Ma questo agli occhi miei era una storia, non una scienza; e cercavo la scienza al di sotto delle forme, nel movimento immutabile delle idee, dei giudizii e del discorso. Cosi trovavo nella logica il fondamento scientifico della grammatica; e finché mi tenevo nei termini generalissimi di una grammatica unica, come la concepiva Leibnitz, il mio favorito, la mia corsa andava bene. Ma mi cascava l’asino, quando veniva alle differenze tra le grammatiche, spesso in urto con la logica, e originate da una storia