i pedanti con una stizza ridicola, e abbozzo l’immagine di una grammatica storica e filosofica, pigliando le mosse da un concetto di Quintiliano, e ribattendo il Sanzio, ch’io chiamavo il Cartesio dei grammatici. Quella tale grammatica tipica io chiamava grammatica metodica; e volevo dire che non doveva essere una lista di esempi e di regole e di osservazioni infilzate l’una all’altra, ma una vera scienza posta sopra saldi principii, con quel chiaro ordine, con quel filo segreto, che ti conduce dall’un capo all’altro, quasi per mano. Ivi prendo l’aria di un novatore, e trovo che tutto va male, che tutto è a rifare. Ecco qui un ritratto, come mi venne in quei giorni sotto la penna. «Niuna pratica dell’arte dello scrivere; niuna cognizione de’ nobili nostri scrittori; malvagio gusto; pensieri non italiani; un predicar continuo purità, correzione; esempli contrari di barbarismi ed errori...; in malvagio stato trovasi la sintassi; squallida e incerta è l’ortografia; le regole del ben pronunziare dubbiose e mal ferme; niente di certo, niente di determinato intorno alla dipendenza de’ tempi, al reggimento delle congiunzioni; principii opposti; opinioni contrarie.» Io avevo l’aria di voler riformare il genere umano, e parlavo alto e sicuro. Non ci è cosa che possa tanto sui giovani quanto questo tono sicuro d’imberbe. Fanno subito coro, e predicano il verbo, e propagano la fede. Acquistai autorità sui discepoli, e l’impressione fu durevole, perché, con quel fine fiuto dei giovani, sentivano che in quelle lezioni io ci mettevo tutto me, ed ero sincero, e non c’era ciarlataneria, e serbava modestia e naturalezza. Quando nell’uomo c’è l’attore, presto o tardi vengono i fischi; ma l’uomo sincero e modesto non perde mai prestigio. C’era in me una contraddizione palpabile tra l’audacia delle opinioni e la cera bonaria e modesta: l’una mi attirava gl’intelletti, l’altra mi procurava la fede. Io, arditissimo nei concetti, non mi tenevo da più di nessuno dei miei discepoli; anzi mi sentivo loro compagno e uno con loro, e non mettevo nessuna cura a velare i miei lati deboli; mi mostravo tutto al naturale, e mi piaceva di stare in loro compagnia e spassarmi insieme con loro. Cosi nacque quella parentela spirituale che non si ruppe mai più, e che anche oggi m’intenerisce,