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la giovinezza 51

XI

SOLO

Stavo così isolato in mezzo alla famiglia, con l’animo altrove. La mia vita era giorno per giorno, senza disegno, senza avvenire e senza studi. Dell’insegnare m’ero annoiato; pur facevo puntualmente il mio dovere, ma come si fa un mestiere. Le famiglie, vedendo continuare la malattia dello zio, e non confidando in un giovinetto che aveva egli stesso bisogno di scuola, menavano via i loro figli. Si fiutava poco lontana una catastrofe. Le difficoltà della vita inasprivano i caratteri. Io era come un uccello che ha messe le prime piume, e sta per prendere il volo. Quella casa dove mi sentivo poco amato, mi pareva una prigione. Quando mi vedea in istrada, mi si schiariva la faccia, mi sentivo il respiro più libero. Traevo profitto da ogni ritaglio di tempo, per fare le mie lezioni private, e ne avevo già parecchie. Il Marchese, che mi aveva in grande stima, soleva affidare a me l'incarico di apparecchiare alle sue lezioni i giovani più scarsi nell’italiano e nel latino. Cosi mi trovai maestro del Fernandez e di un tal C...

Costui era un furfante, che mi promise di pagare alla fine dell’anno, e dopo di avermi ben bene sfruttato, a me che gli ricordavo la promessa, rispose con una lettera villana, conchiudendo col minacciare. Rimasi attonito, come innanzi a cosa incredibile, e mostravo la lettera a tutti, e la collera mi schizzava dagli occhi, e tutti dicevano, stringendosi nelle spalle: — Cosa volete? gli è un camorrista — . Era la prima volta che questa brutta parola mi giunse all’orecchio. L’indifferenza di tutti mi recò non meno stupore che l’audacia di quello. «Gli uni degni dell’altro», pensai. Per me, l’avrei preso per la gola. Non mi pareva possibile il trionfo della forza brutale sulla giustizia. Un di scendevo per la via di San Sebastiano, ed ecco che mi viene di faccia quel tale, e io lo investo con parole pronte e focose. Colui, colto così all’improvviso, e forse colto dalla