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domenico cicirelli 25

nino ed io. Non sapevo di amar tanto il mio paese. Quando di sopra la via nuova vidi un mucchio di case bianche, mi sentii ricercare le fibre, non so che nuovo mi batteva il core. Poco più in là vedemmo non so quali punti neri. — Sono galantuomini che ci vengono incontro, — disse zio Pietro. Scesi di cavallo a precipizio, e corsi, ed essi corsero a me, e mi trovai tra le braccia del babbo. La sua faccia allegra e rubiconda raggiava, era tutto un riso, e gli pareva essere cresciuto di altezza, tenendo per mano Ciccillo, e mi presentava tutto glorioso. Nonna non c’era più. La mamma mi venne incontro sui gradini di casa, e mi tenea stretto al seno e piangeva e non sapeva staccarsi da me. La casa fu piena di gente. Molte le strette di mano, molte le carezze e i baci. Ma io m’era seccato, e cercava con gli occhi le compagne e i compagni, mi sentivo un piccino di nove anni, come quando li lasciai. Costantino alto e robusto, mi levò sulle braccia, dicendo: — Come sei fatto brutto! — Era un piccolo gigante quel Costantino! I miei gusti non erano mutati. Abbracciai Michele, il contadino, venuto su rude e saldo, come una torre. La distinzione delle classi non mi è mai entrata in capo. Contadino, operaio, galantuomo, gentiluomo, questo per me non aveva senso. Trattava tutti del pari, e usava il tu, il voi e il lei non secondo le persone e il grado, ma come mi veniva, cosí a casaccio, e spesso alla stessa persona dando del tu e del lei.

La sera ci fun gran pranzo, coi soliti strangolapreti, e il polpettone, e la pizza rustica e altri piatti di rito. Il di appresso visitai tutti i luoghi dov’era passata la mia fanciullezza. Fui nel sottano, e dove si ammazzava il porco, e dove era la mangiatoia pei cavalli, e dove tra mucchi di legna o di grano solevo trovar le uova ancora calde e portarle alla mamma. Quel sottano sonava ancora dei miei trastulli fanciulleschi. Poi sbucai nell’orto, e salii il fico e mi empii di ciliege, e feci alle bocce o alle palle, correndo, schiamazzando. Ero in piena aria, in piena luce, mi sentivo rivivere. Dopo il pranzo feci la passeggiata per la via nuova, tra compagni e compagne. Mariangiola mi teneva per mano, una bella giovanotta, po’ più grandicella di me, e io mi lasciavo fare, e mi veniva l’affezione. Giun-