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196 la logica di hegel
L’affermativo infinito o il vero infinito.

Questa unita di due sostanziali, essenti, in sé divisi ed opposti, legati estrinsecamente, è il non vero. Il vero è non il finito, non l’infinito, ma il loro diventare, una idealità, in cui il finito e l’infinito sono momenti. Ciascuno è in sé questa unità, solo come togli mento di se stesso, dove niuno è più che l’altro essere in. sé ed affermativo. Il finito è un penetrare su di sé: così in lui è l’infinito, l’altro di se stesso. L’infinito è solo come penetrare sul finito: così contiene il suo altro: esso è l’altro di sé. Il finito non è tolto da una forza a lui estrinseca; ma la sua infinità o idealità è di toglier se stesso. Ciò che sussiste in entrambi è la stessa negazione della negazione. Ciascuno sparisce nell’altro e ritorna in sé mediante la negazione dell’altro. Il risultato è sempre se stesso. Ciascuno ha un doppio senso: di essere prima se stesso in opposizione all’altro; indi di essere se stesso e il suo opposto. Il che non è formale, astratta, immota unità; ma diventare, i cui momenti sono non gli astratti essere e niente, né qualcosa e altro, ma come infinito, il finito e l’infinito diventanti. L’infinito così è essere, non l’astratto, ma posto come negante la negazione. È esistere, perché contiene in sé la negazione. Esso è, od esiste. Ma il semplice infinito è il di là, solo negazione del finito posto come reale — astratta, prima negazione, negativo che non contiene in sé l’affermazione dell’esister e. Come solo negativo, l’irraggiungibilità è la sua mancanza.

Capitolo III

quadro viii: essere per sè


Passaggio — Come toglimento del finito come tale, e dell’infinito solo negativo che gli sta incontro, è questo ritorno in sé. Rapporto su di sé. Essere. Poiché in questo essere è negazione, esso è esistere; ma poiché questa è negazione