Pagina:De Sanctis, Francesco – La giovinezza e studi hegeliani, 1962 – BEIC 1802792.djvu/19


zia marianna 13

zio. Ma quel maledetto uscio sonò un poco, e zio disse: — Chi è? — . Fatto ardito dalla paura, inventai una bugiella, e infilai l’altro uscio piano piano che non si sentiva un et. Il maestro, uso a pazienza, sentito o no, mi fece andar via, e non fiatò. Quando mi vidi nella stanza da letto, mi venne un riso sul labbro, e mi fregai le mani e le scarpe mi caddero a terra, e fecero uno strepito, che mi cacciò il riso nella strozza. Eccomi in cucina, e li mi fermai in punta di piedi, orecchiando, e mi feci un segno di croce, come per implorare l’assistenza di Dio. Mi affaccio nell’ultima stanza, e quelle panelle fumigavano ancora, e me ne veniva l’odore alle narici. Stesi la mano, e la ritirai subito pensando a Rachele che mi potesse vedere. E mi volsi verso l’alcova, e vidi che stava tutta accoccolata, dormendo forte. Mi venne un’idea, di vedere com’era fatta la donna, ma la cacciai subito, e mi feci un gran segno di croce, come per scongiurare il demonio. Poi, camminando in punta [di piedi], pallido, sconvolto, stesi la mano alla cesta, ma la mano mi tremava e non voleva prendere la panella. Stavo sempre sotto agli occhi di Rachele, e la paura di Rachele mi fece sollecito, e afferrai la panella, e me la misi in seno, e corsi difilato rifacendo la via, e mi sentiva fischiare nell’orecchio: — Al ladro, al ladro! — . Giunsi in mezzo ai compagni così brutto che pensarono non fossi riuscito; quand’io mi cacciai di sotto la panella. Saltarono, gridarono, batterono le mani, mi applaudirono, e in quel fragore io mi ripigliai e mi mangiai la mia parte.

Venne il di’ appresso, e Rachele non trovò la panella, corse da zia Marianna. La zia fece la faccia seria, e disse: — Ciccillo mi dira la verità — . E mi chiamò che mi tremavano le gambe, e mi pose gli occhi negli occhi, e disse: — Ciccillo, chi ha rubato la panella? — Io scoppiai in pianto.

In quel tempo ero spesso malato; fin d’allora ero stitico, il mio male era sempre nel ventre. Medico di casa era un certo Domenico Albanesi, che mi curava col metodo allora in fiore: purganti, salassi, clisteri, vomitivi e digiuni. Un salasso mi rimase aperto parecchi mesi, e ne ho ancora oggi la cicatrice. Per un anno non bevvi più caffè, perché ci sentivo dentro un odore