Pagina:De Sanctis, Francesco – La giovinezza e studi hegeliani, 1962 – BEIC 1802792.djvu/181


il genere narrativo 175

sapevo a memoria dal primo all’ultimo verso la Gerusalemme, e dell’Orlando furioso appena alcuni brani mi rimanevano impressi. Debbo al Galilei un concetto più sano e più preciso dello scrivere poetico.

Questo era lo stato del mio spirito, quando diedi principio alle mie lezioni. Intorno a me si aggirava il rumore delle vecchie opinioni. L’unità d’azione, di tempo e di luogo era un assioma; l’Iliade era il modello immutabile di tutti i poemi possibili. C’erano regole fisse, dalle quali non era lecito scostarsi. Sotto nome di principii correvano generalità applicabili a tutt’i casi, come certe ricette. La Divina Commedia non era un poema, l’Orlando furioso neppure: poesie divine si, ma contro alle regole; e non sapevano raccapezzarsi sotto qual genere andassero allogate. C’era la gran lite degli episodi, e si pretendeva che la Divina Commedia fosse una serie di episodi, e non si leggevano che alcuni di essi, stimati più belli. Dante era poco meno che un barbaro. Poco si leggevano gli stranieri; Shakespeare passava addirittura per barbaro, e Lope de Vega per un ciarlone. Rousseau e Voltaire erano nomi scomunicati. Ignoti quasi una gran parte degli scrittori dal secolo decimottavo in poi. Poco si leggeva, meno si studiava, molte erano le chiacchiere. La nostra ignoranza degli scrittori stranieri dava proporzioni eccessive al merito degli Italiani. Alfieri era superiore a tutti i tragici, e Goldoni a tutti i comici, e la Basvilliana veniva comparata alla Divina Commedia: non si distingueva il mediocre dall’eccellente.

Queste tendenze erano pure nei miei scolari, e si può comprendere il perché di quella mia introduzione, che oltrepassava nei suoi intenti il poema epico, e abbracciava tutta l’arte. A tale generalitá di regole e di modelli io sostituiva la particolarità di un contenuto determinato dalle condizioni esterne e dalle facoltà del poeta. Ciascun contenuto ha la sua situazione, la sua forma organica, e in quell’organismo bisogna cercar la sua regola. Il contenuto è come un individuo il quale, appunto perché individuo, è dissimile da ogni altro, e ha nel suo organismo il segreto de’ suoi pensieri e delle sue azioni. Facevo notare del pari la grande analogia tra le formazioni poetiche e le formazioni natu-