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zia marianna 11

in uno stile pomposo e rettorico, un italiano corrente, mezzo francese, a modo del Beccaria e del Cesarotti, ch’erano i miei favoriti. Cosi con molta presunzione, con grossa e confusa suppellettile, ma con giudizio poco, usciva da quei cinque anni di studio.

III

ZIA MARIANNA

Governava la casa zia Marianna. Era ed è rimasta per me anche oggi la zia. Non ne sapevo più avanti. Giovannino ch’era più curioso di me ed aveva una certa malizia, mi narrò più tardi non so che, ma non mi rimase nulla in mente. La mia natura non mi tira a indagare i fatti altrui; e quando sentiva a dire questo o quello, me ne rimaneva appena un ronzio nell’orecchio, e passava subito. Fatto sta ch’io volevo un bene a questa zia poco meno che a mamma, e tenevo a mostrarglielo. Per via studiavo sempre il passo per starle accanto, e mi attaccavo alla sua gonnella. Giovannino, per non parere da meno, la teneva dall’altro Iato, ed ella rideva e ci accarezzava, e poi a tavola raccontava tutto con una specie di caricatura che faceva ridere lo zio; perché ella parlava e gestiva il più bel napoletano. Aveva la pelle bianchissima e rosea; florida era di salute, e di umore allegro. La sera si ritirava in casa sua, poco lontano nella stessa strada. Verso il tardi andavamo noi e zio a visitarla, e si passava la serata allegramente. La mattina, Rachele, ch’era la serva di casa, andava a svegliarla, e tutte e due andavano in piazza a far la spesa. Ella stava d’ordinario in cucina, una stanza bene arieggiata, e provvedeva a tutto.

Mio zio volle che andass’io a svegliarlo, la mattina alle sei e mezzo; e quest’ora mi si era ficcata nel cerebro, e, come se avessi l’orologio nell’orecchio, mi gettavo giù di letto, e correvo allo zio e dicevo: — Zio, sono le sei e mezzo — . Svegliatosi, stendeva un po’ le membra, ma poi tornava tutto rannicchiato sotto a quel dolce tepore; ed io, fatte le mie cose in cucina, tornavo