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la rettorica 143

nasce solo poeta; si nasce oratore, filosofo, scrittore. La natura ti dà la genialità; e se la natura fa difetto, non c’è arte che possa riempire questa lacuna. Ma la natura è semplice potenzialità; occorre l’educazione perché diventi atto. E questo è il miracolo che dee fare la scuola. Discorsi del basso concetto in che è tenuta la scuola, e del dispregio che si ha dei maestri e degli studenti. — Il maestro, — dicevo io, — non dee dogmatizzare, tenersi fuori dell’uditorio, sputar senno e mettere sempre innanzi il suo personcino. Egli dee entrare in comunione intellettuale con la gioventù, e farla sua collaboratrice. È in questo lavoro di tutti e di ciascuno che si genera l’amore del vero, il desiderio della ricerca e dell’esame, la pazienza dell’analisi; è in questa collaborazione che si fondano le amicizie e si formano le più nobili qualità dell’anima, le più alte aspirazioni, il culto della scienza accompagnata dalla modestia e dalla bontà — . E questa fu la mia rettorica.

Venne poi la poetica. Qui non avevo che studi superficiali. Non ebbi mai la pazienza di legger tutta intera l’Arte poetica di Orazio o di Boileau, o la Ragion poetica di Gravina. Costui, malgrado gli elogi del Marchese, m’era antipatico; lo trovavo pesante e pedante, spesso più acuto che vero. Della metrica conoscevo solo le divisioni e suddivisioni dei trattati scolastici; la materia era quasi nuova nelle sue profondità. Non avevo tempo di leggere; mi posi a meditare e ad osservare. Sentivo un giubilo, quando quel mondo a metà oscuro mi si rischiarava, e quel giubilo brillava sulla faccia dei giovani, attirati da osservazioni inaspettate. Mi fermai molto sull’endecasillabo, ch’io chiamai potentissimo, mostrando le ragioni della sua superiorità sull’alessandrino, la cui monotonia, cantilena e parallelismo mi spiacevano. Mostrai la flessuosità del nostro endecasillabo, che, mediante la posizione degli accenti, rispondeva a tutti i bisogni della melodia e dell’armonia. Notai che, come le parole e le frasi, così i versi non vanno considerati solo in sé stessi, come buoni o cattivi, ma ancora e principalmente per rispetto alle cose. Perciò la magnificenza è qualità relativa, e, a pigliarla in senso assoluto, è cosa così biasimevole, come in prosa l’eleganza ricer-