Pagina:De Sanctis, Francesco – La giovinezza e studi hegeliani, 1962 – BEIC 1802792.djvu/11


zio carlo 5

star così disteso fosse segno di maggiore umiltà al cospetto di Dio. E mi posi lungo lungo per terra, con le mani in croce. E mia nonna mi guardò e disse: — Che fai? — Fo come quello, — dissi io, indicando il lazzarone. — Ma tu devi pregare Iddio da galantuomo e non da lazzarone, — disse ella ridendo. E io mi feci tutto rosso, e mi rimisi inginocchio, e non dimenticai più quel riso soave. Fu l’ultima impressione che mi lasciò mia nonna. Non ricordo altro. Ed ora che mi sta innanzi con quella sua faccia rimpiccinita, rugosa e tranquilla, la vedo che mi ride con quel riso soave. Prima di andar via, nonna volle chiedere grazia al Re pei due suoi figli esuli, e zio la fece accompagnare da un avvocato suo amico, certo Raffaele Boscero di Flumeri. Nonna ci fece la lezione, indicando quello che avevamo a fare e a dire, e ci menò seco. Entrammo in una sala lunga dov’era una lunghissima fila di gente, e in mezzo a quelli prendemmo posto. Il Re stava dall’un capo, e andava di gruppo in gruppo, pigliando le suppliche e facendo si col capo, come volesse dire: «Sta bene; basta». Io aveva una gran voglia di vedere come era fatta la faccia del Re; e quando giunse a noi, mi posi ritto, come un soldato che faccia il presentatarme e guardavo di lato. Don Raffaele che teneva in mano la supplica, era bassotto, e il Re alto e panciuto dovette chinar molto la faccia per prendergli la supplica, e io non vidi niente. Il Re lasciò Don Raffaele con la bocca già aperta all’arringa, e si calò un po’ verso la nonna, e ci passò davanti. Noi dimenticammo la lezione della nonna, e accompagnammo il Re con un «oh, oh» piangoloso, e questa fu la nostra orazione, e io mi sfiatava a dire che non avea. vista la faccia del Re.

II

ZIO CARLO

Nostro zio abitava in via Formale, n. 24, terzo piano. Era una bella casa a due ingressi. A sinistra entravano gli scolari