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malattie reali e immaginarie 101

rale. Leggo e leggo con una curiosità mista di spavento quella infinita serie di morbi, e mi pareva il corpo umano come inverminito, e che vi pullulassero quei morbi l’uno dall’altro. Quelle descrizioni animate, che finivano quasi sempre col delirio e la morte, mi spaventavano e mi attiravano come un romanzo funebre. Lessi più volte la descrizione del tetano: ignoravo il nome e la cosa. Impressionabile molto, mi pareva di sentirmi nelle ossa quei morbi che mi passavano dinanzi come fantasmi. Eccomi alla tisi. Mi batté il core, perché di quel mal sottile morivano per lo più i giovani e le ragazze, e pietose storie se ne contavano, e io, così gratinino com’ero, mi toccavo spesso il petto per paura della tisi. Leggo adagio, notando i fenomeni, e quando giunsi al calore nel vôto delle mani e al rossore delle guance scarne, mi levai turbato, che mi sentivo bruciare le mani, e corsi allo specchio per mirarmi le guance. Tacito, impensierito, stetti agitato per un paio di giorni, insino a che me ne confessai con l’antico medico di casa, signor Domenico Albanesi. Costui era un elegante mingherlino, ben chiomato, ben vestito, di faccia aperta e allegra. — Cos’hai? — mi disse, veggendo la mia brutta cera. Lo pregai di tastarmi il polso, esaminarmi il petto, e la voce mi tremava. — Ma io non t’ho visto mai così bene, — disse lui, toccandomi il polso. — Tu stai benone, via! vuo’ farmi il malato di Molière? — Poi, mi guardò in viso, e vedendo che stavo li non persuaso, aggiunse: — Dimmi, leggeresti forse qualche libro di medicina? — Gli narrai tutto, con semplicità uguale all’ingenuità. Il medico rise molto, e accarezzandomi il mento disse: — Gitta al foco tutti questi libri di medicina — . Mi confortò più quel riso che quelle parole, e tornai a casa rassicurato. Ma pochi giorni di poi mi venne all’orecchio una notizia che mi atterrò. Il povero medico faceva l’amoroso con una giovanetta, figlia del Ronchi, medico di Corte. E faceva l’amoroso come si soleva in Napoli, in istrada, al chiaro di luna, guardando, facendo gesti con la bella al balcone. Una di quelle sere che il freddo era grande, stando così al sereno, gli furono attaccati i polmoni, c così quel meschino, che rideva con me del mal sottile, moriva pochi di appresso di mal sottile. Il fatto