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xxxii. gli ultimi «dialoghi» 241

nuovi; lunari nuovi». L’altro, uomo superiore, che tira da quella mente grossa quello che non sa uscire da sé, e lo conduce al punto che vuole, con una beffa sottile che si sente dappertutto, e non si coglie in nessuna parte.

Il ragionamento socratico è in sé stesso una ironia, un riso a fior di labbra, che l’avversario incalzato e soverchiato non è neppure nello stato di scorgere. L’ironia non è nei pensieri o nelle frasi, ma nella natura stessa del ragionamento, nel quale colui che interroga, dissimula la sua superiorità, scende a paro con l’avversario, fa l’ingenuo e l’ignorante, insino a che nella conclusione te lo accoppa. Colui, andando via confuso e ripigliando gli spiriti, può dire: — Per Dio, s’è beffato di me — . Qui non solo c’è il discorso, ma c’è il dramma, l’urto dei due caratteri nell’urto delle idee, parendo pure che tutti e due dicano il medesimo. Leopardi vi è riuscito mirabilmente; ed è certo questo dei suoi dialoghi il meglio ispirato.

Non è così felice l’ironia nel Tristano. È qualcosa di simile a quella che è nella Palinodia, un «errai, candido Gino». Ma perché l’ironia abbia consistenza e non degeneri in freddura e in caricatura, deve pur prendere una qualche apparenza di serietà. Proporre, per esempio, un premio all’inventore delle donne fedeli e della felicità coniugale è materia di caricatura, attesa l’impossibilità della cosa; e l’ironia ti riesce fredda, perché la sua base è una finzione che per poco acquista la tua fede; e qui l’impossibilità è patente.

Perciò quella Proposta di premi fatta all’Accademia dei Sillografi e volta a porre in ridicolo il secolo delle macchine, la quale dovrebbe essere una caricatura umoristica, fallisce al suo scopo trattata con ironia; malgrado che lo scrittore con modo ingegnoso cerchi di render credibili cose impossibili. Il medesimo può dirsi dell’ironia nel Tristano. Leopardi vuol far credersi un convertito, o che abbia fede ora a tutte quelle cose a cui crede il secolo, cioè a dire alla felicità della vita, alla perfettibilità indefinita dell’uomo, sì che la umana specie vada ogni giorno migliorando e i buoni crescano continuamente, e che il secolo sia superiore a tutt’i passati e cose simili. Ma l’ironia

16 — De Sanctis, Leopardi.