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112 giacomo leopardi
È lo stesso uomo della Vita solitaria:
    Amore, amore, assai lungi volasti
Dal petto mio, che fu sì caldo un giorno.

        Una volta su questa via, ritornano quelle sue opinioni, e in una forma più precisa, a modo di formole o sentenze o assiomi, come: i piaceri ed i dolori umani sono meri inganni — il travaglio che deriva dalla certezza della nullità delle cose è sempre e solamente giusto e vero — tutto è nulla — la felicità umana non è riposta nello accrescimento della ragione e nella cognizione del vero — non c’è altro vero che il nulla.

Non sono più sentimenti erranti e contraddetti nei buoni momenti della vita; sono già un formolario stampato nel cervello.

Questa lettera a Giordani è un testamento. E in verità, se il nulla è solamente vero, e se la vita è inganno o illusione, non resta che morire:

E rifugio non resta altro che il ferro.

Ma quando la natura misericordiosa gli concede qualche sollievo, questa vita che non vai nulla e ch’egli dispregia e vuol troncare, ripiglia il suo valore. E quantunque l’intelletto si ostini a crederla un’illusione, pure l’illusione opera nel suo capo come fosse realtà.

Egli ama, si sdegna, si addolora, spera e teme; anzi, perché quella vita esteriore di Recanati è a lui senza sapore e senza attrattiva, tanto è più operativa quella sua vita intima concentrata e condensata, e la sente con l’ingenuità di un fanciullo e il desiderio di un giovane fino nei più tardi anni. Appunto perché la sente a varii intervalli, e l’energia del sentimento non è logorata dall’abitudine, ciascuna volta è un sentimento nuovo, venuto da ispirazione immediata, e comunica alle sue poesie anche ultime una freschezza giovanile.

Eppure, così potente vita, con tanta realtà di sentimento,