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capir tutto. E poi quante cose...» E qui s’interrompe e soggiunge: «Ecco è come lasciar andare un pugno a un cristiano. Non istà bene; ma dato che gliel abbiate, né anche il papa non glielo può levare». Questo interrompere una forma seria o tragica mercé il comico, è modo comune del Manzoni, il quale così tempera la forma artistica, facendola scendere al livello de’ lettori. Lucia dunque esita ancora, ed allora Renzo si accende, e dice che la finirà lui con un tal viso da non lasciar dubbio sulle sue parole, e che dovunque avrebbe raggiunto Don Rodrigo, avesse pur cento, mille diavoli nell’anima, finalmente era di carne e d’ossa anche lui: e qui interviene la madre e la figlia, e la scena dura per una pagina e mezza. E Lucia gittandosegli a’ piedi dice: «E io che male v’ho fatto, perché mi facciate morire?» — «Voi», dice Renzo, «voi! Che bene mi volete voi? Che prova m’avete data? Non v’ho pregata, pregata e pregata? E voi: no! no!» — «Sí si», risponde precipitosamente Lucia, «verrò dal curato domani, ora, se volete; verrò». Se ora credete alla lettera alle escandescenze di Renzo, troverete che l’autore abbia spinta la scena, e l’abbia esagerata; ma Renzo lì era egli calcolatore, faceva egli l’attore, era la sua concitazione vera, o falsa? L’autore dice: non lo so, e crede che nemmen Renzo lo sapesse bene. E soggiunge: «Il fatto sta ch’era realmente infuriato contro Don Rodrigo, e che bramava ardentemente il consenso di Lucia; e quando due forti passioni schiamazzano insieme nel cuor d’un uomo, nessuno, neppure il paziente-, può sempre distinguere chiaramente una voce dall’altra, e dir con sicurezza qual sia quella che predomini». Osservate dunque dietro questa ripresa dell’autore che in quella scena ci era una concitazione esagerata per fare impressione sull’animo di Lucia; esagerazione che è il motivo comico in forma tragica, per cui quella rappresentazione vien messa al livello della temperatura degli spettatori. E non solo Manzoni si stacca dal suo mondo, e se lo mette di fronte, ma egli guarda altresì gli spettatori e si mette in comunicazione con loro. Quando Don Abbondio riceve quelle tali minacce da’ bravi per cui rimase un momento a bocca aperta, come incantato, e poi prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, che parevano aggranchiate, l’autore si volge immediatamente a’ suoi venticinque lettori, e dice loro: vediamo qualcosa del naturale di Don Abbondio, e de’ tempi, in cui gli era toccato di vivere. Or questo mettersi in comunicazione diretta con gli spettatori crea appunto quella temperatura media che modera l’alta temperatura estetica.
Immaginate pure per esempio di piccoli paesi, dove sieno degli oziosi e vagabondi, che devastino, come i soldati spagnuoli a Lecco, i campi, le viti, che disonorino le fanciulle e commettano di simili enormità. Considerando tutto ciò nel mondo reale in cui avviene, è orribile cosa, guardando l’interesse delle famiglie che risentono que’ danni, e