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180 | lezioni |
della mancanza di rispetto, per mostrare che non gli si può dar lezione in fatto di guerra, la lascia schiacciare. È il cumulo di tutti questi fatti che induce il sospetto nel Senato veneziano.
Manzoni vuol fare un dramma nuovo, ma ha innanzi un pubblico avvezzo alle regole classiche, ed ha pensato: — Se prolungo la storia di due e tre anni, esco troppo fuori dei limiti che ammette il pubblico italiano — . Componendo egli pensa ai fischi del parterre. Quindi nel quarto atto mette in bocca ad un personaggio la narrazione dei fatti in cui è il processo psicologico, la tragedia: quei fatti perciò riescono freddi, sfuggono all’attenzione dello spettatore, perché narrati e non rappresentati.
Vediamo quali sono le conseguenze di tutto questo. Poiché non c’è movimento drammatico, non quel processo psicologico che Manzoni medesimo vede nell’Otello, e le azioni sono quasi tutte narrate, e c’è una sola azione rappresentata, la battaglia di Maclodio, cosa accessoria che dà origine al Coro; la tragedia è composta di discorsi: non c’è vita drammatica.
Nel primo atto abbiamo innanzi il Senato che dopo aver discusso a lungo, delibera di affidare a Carmagnola il comando delle truppe contro Filippo Visconti; poi Marco, amico del Conte, che va a comunicargli la notizia, e qui un discorso tra Marco e il Conte. Nel secondo atto è un consiglio di guerra de’ generali di Filippo, vi si discute a lungo se si deve dare battaglia oppur no; poi c’è il Conte che comanda ai suoi di starsene pronti: qui finisce il secondo atto. Nel terzo si comincia a mostrare lo sviluppo drammatico, i Commissarii proibiscono la restituzione de’ prigionieri, il Conte nega di farlo. Nel quarto si ha la narrazione de’ fatti accaduti dopo, il Senato fa venire a Venezia il Conte, e c’è un lungo dialogo tra Marco e Marino. Nel quinto atto è la catastrofe.
Come si vede, tutto il dramma è vuoto di azione; vi sono magnifici discorsi; ma sono discorsi: nulla fa tanto danno alla rappresentazione di un dramma come il vuoto dell’azione. Oggi che i più mediocri scrittori sono pratici del teatro, vanno all’eccesso opposto, presentano una catena di fatti e di situazioni,