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il consigliere Geffcken, spontaneamente presentatosi alla giustizia; lo traduce dinanzi al Tribunale di Lipsia; ma, poichè i giudici pronunziano una sentenza assolutoria, il furibondo chiede che, almeno, l’atto di accusa sia reso pubblico sul Giornale ufficiale dell’impero, e pretende che Geffcken sia punito se non altro disciplinarmente, come professore all’Università di Strasburgo: udendo che l’Università non è sottoposta allo stesso regime di tutte le amministrazioni dello Stato, esclama: "Ma come? Il professore, in Germania, sfugge alla legge?..." e non se ne dà pace, e non lascia mezzo intentato per distruggere la "leggenda" del liberalismo dell’Imperatore, "come perniciosa a tutta quanta la dinastia".

Il nuovo biografo francese di Federico III, come già l’inglese Rennel Rodd, molto opportunamente ha voluto dimostrare che quel liberalismo non era una leggenda, che l’orrore della guerra, che l’amore della patria, che la mitezza, la modestia, la moderazione, la lealtà, la carità, il cristianesimo del monarca meritamente chiamato Federico il Nobile furono virtù rare - nel doppio senso della parola: come infrequenti sul trono che egli doveva per tanto poco tempo occupare, e per ciò stesso tanto più preziose - sebbene fatalmente e sciaguratamente rimaste inefficaci.

Negano i deterministi ciò che Tommaso Carlyle