Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/299


parte seconda. 235

che aveva similmente urtato e sofferto un tale stroscio come ha questa qui; e quando essa fu in alto mare non potè bastarvi contro i colpi delle onde, e ne fu isconfitta e spezzata, e ne annegarono quelli che v’eran dentro, senza che altri ne iscampasse fuorchè una giovine donna col suo fantino che tenea in collo, li quali d’avventura dimorarono su l’uno dei tavoloni della nave, che l’acqua poi menò a riva. E quando il Re ebbe udito ciò ch’e’ Piloti gli avevano consigliato e dato in esempio, io stesso testimoniai ch’essi dicevano il vero; perchè io avea veduti la donna e il fanciullino che erano arrivati davanti la Città di Bafa, e li vidi nella magione del Conte di Gioigny, il quale ve li faceva nodrire per lo amore di Dio. Allora il Re appellò le genti di suo Consiglio per sapere ciò che era da farsi: e tutti gli consigliammo di fare ciò a punto che gli uomini sperti di mare gli avevano consigliato. Allora chiamò il Re i Piloti di nuovo e domandò loro, sopra la fede e lealtà ch’essi gli dovevano, se la nave fusse loro, e fusse piena di mercatanzie, s’essi ne discenderebbono o no. Ed essi risposero tutti insieme che mai no, e che in tal caso amerebbero meglio di mettere loro corpi in avventura di morte che di lasciar perdere una tal nave, che sarebbe ai medesimi costata ben quaranta o cinquanta mila lire. E perchè, soggiunse il Re, mi consigliate voi dunque ch’io ne discenda? E quegli risposero: Sire, voi e noi non è già tutt’uno, nè pari è la posta, perchè oro nè argento non potrebbe esser sì tanto ch’elli fusse pregiato nè estimato come il