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pagano; si formano entro le cellule di una glandula come tutti i materiali essenziali delle secrezioni, ben diversamente de’ veri animali. Quanto al loro movimento, l’ignorarne la vera causa non è titolo bastante per assegnar loro il carattere di veri individui animali. È un fenomeno vitale senza dubbio, ma analogo a quello che si verifica nelle cellule isolate dell’epitelio ciliato1, nelle quali nessuno ha mai preteso veder per questo altrettanti animali viventi per sè.

La vitalità degli spermatozoidi si mantiene per lungo tempo, anche allorquando per l’atto dell’accoppiamento sono passati nell’apparato sessuale femmineo. Ne abbiamo un esempio nell’osservazione fatta da Siebold sulle femmine delle vespe, le quali conservano il seme raccolto in apposito ricettacolo durante un’intiera invernata, per fecondar poi le uova in primavera senza ulteriore concorso del maschio.

Molto comunemente gli spermatozoidi, ricercati entro il condotto deferente o le sue appendici, si veggono radunati in fasci, in modo quasi da comporre colle capocchie tutte riunite una massa sola. Anzi negli insetti, scendendo questi fasci pel canale deferente, ed anche nel testicolo stesso, sono provveduti di una sottile membranella che li tiene riuniti, e che forma così un sacchetto contenente i corpicciuoli dello sperma. Ne’ crostacei questi sacchetti sono ancor più visibili per la maggior grossezza della parete, e meritano propriamente il nome che loro fu apposto di spermatofori.

  1. Si dà il nome di epitelio ad uno strato di cellule tendenti a produrre materia cornea ricoprente la superficie esterna del corpo degli animali (nel qual caso prende il nome particolare di epidermide), e rientrante a tappezzare internamente le cavità comunicanti coll’esterno. Talvolta queste cellule presentano alla loro superficie libera de’ prolungamenti microscopici che furono paragonati alle ciglia delle palpebre, e che sono in vibrazione continua; presentanti così un fenomeno maraviglioso ancora inesplicato e di una grande importanza nell’economia animale. (V. il Corso del sig. Milne Edwards, § 135 (nota), e § 219).