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le strade ferrate 203

francesi, il conte De Germiny, governatore della banca di Francia, al Mirés, apertamente accusando quest’ultimo di avere compromesso l’istituto, del quale era a capo, per venire in aiuto delle ferrovie romane. E questo provvedimento fu dall’amministratore delegato Cochery, e dal presidente del Consiglio d’amministrazione Levy, notificato al generale De Cordova, amministratore delegato a Roma, in data 26 gennaio 1861, con una lettera molto sibillina, per non suscitare un allarme; ma la cosa produsse una mediocre impressione, perchè si attendeva.


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Tra le molte disgrazie, che in vario modo colpirono la società delle ferrovie romane, questa ebbe una fortuna, e fu di trovare nell’avvocato Filippo Maria Gerardi, un segretario generale, che seppe, fra tante tempeste, guidare la barca e impedire che fosse addirittura inghiottita dai flutti. Il Gerardi non solo aveva fatto un completo corso di studi legali all’Università, ma da giovane fu uno di quegli eruditi, che si riunivano nella così detta nicchia del caffè Nuovo, cioè nella camera d’angolo del mezzanino del palazzo Ruspoli, verso San Lorenzo in Lucina, e tra i quali primeggiavano l’ellenista Amati, scrittore della Vaticana, il principe Pietro Odescalchi, e il conte Giovanni Giraud. Era stato amico del principe Luigi Napoleone Bonaparte, quando era studente a Roma, e faceva parte con lui della società filodrammatica degl’Imperiti, la quale avvicendava le recite con le cospirazioni. Archeologo e scrittore di commedie, ricco di spirito sarcastico, egli aveva collaborato nel Tiberino con Giuseppe Checchetelli e Ottavio Gigli; ed era stato poi direttore della Pallade. Commissario nel Veneto, si era trovato a Vicenza nel 1848. Restaurato il governo pontificio, fu colpito dal Consiglio di censura, conservandoglisi soltanto l’ufficio di segretario del Bollettino archeologico, i cui sottili proventi non gli sarebbero bastati, s’egli non avesse rivolta la sua attività a scrivere di arte e archeologia.

Fu il Manzi, cui eran note le qualità del Gerardi, che lo fece entrare nella società delle ferrovie, prima come suo procuratore, e poi come segretario generale, proprio nell’anno 1859, in