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vittor hugo. 207


plausi, — uno di quegli applausi che debbono destare nell’anima di chi li riceve un senso quasi di sgomento, e che ripercuotendosi nell’anima di chi applaudisce, v’ingigantiscono il sentimento che li ha fatti prorompere; — un solo immenso applauso, tempestoso, ostinato, interminabile, fece tremare il teatro. Sul viso di Vittor Hugo passò un lampo — un lampo solo — ma che rivelò tutta l’anima sua. Subito dopo riprese il suo aspetto abituale di gravità. S’avvicinò alla ribalta a passi un po’ incerti, circondato dal suo illustre corteo, si mise accanto a un tavolino, e cominciò a leggere il suo discorso, scritto a caratteri enormi sopra grandissimi fogli. Non fu uno dei suoi discorsi più felici; ma non è qui il luogo di giudicarlo. Lesse lentamente, ad alta voce, spiccando con arte perfetta ogni frase, ogni parola, ogni sillaba. La sua voce è ancora gagliarda e sonora, benchè nei lunghi periodi s’affievolisca un poco, egli sfugga qualche volta in note acute e stridenti. Ebbe dei momenti stupendi. Quando disse: