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vittor hugo. 185


-mento di passare la soglia. Le loro faccie esprimevano tutte una viva emozione, e tutti più o meno, spiccicavano le parole con molta fatica. E ammirai la dolcezza di modi di Vittor Hugo. A ognuno andava incontro e gli stendeva la mano con un atto cordiale e semplice. Ma non si ricordava, naturalmente, del nome di nessuno. Fingeva però di ricordarsene. — Mi ricordo benissimo — diceva — ; senza dubbio. Voi siete molto amabile con me, signore. — Faceva seder tutti e stava a sentire, l’un dopo l’altro, i loro discorsi balbettati e imbrogliati, assentendo di tratto in tratto col capo. Non lo vidi mai sorridere. Pareva stanco. — Ma sicuro, diceva infine, con voce dolce, — avrete quello che desiderate. Posso esservi utile in qualche cos’altro? — Parlando con quello della variante, mi fece strabiliare. Si trattava, se non sbaglio, d’una scena del Roi s’amuse. Egli se la ricordava verso per verso, e ne recitò speditamente una decina per rammentarsene uno che nel primo