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64 l’inaugurazione degli ossari

il bisogno di piegar le ginocchia e pregare. Tutte quelle occhiaie immobili par che ci guardino; in quei nudi teschi par che ci debba essere ancora un alito di vita; pare che qualcosa si debba muovere su quella sacra parete. Son là, Italiani e Tedeschi, confusi; forse il teschio dell’uccisore poco discosto da quello dell’ucciso, gente di paesi lontani, ignoti gli uni agli altri; e chi sa che affetti erano accumulati sovra ognuno di quei capi, e che terribili dolori è costato ognuno! Un padre, una madre, un fratello, che sappiano d’avere il figliuolo o il fratello là, che cosa debbon sentire e pensare guardando que’ teschi, senza saper qual è quello che piangono! Debbono pur fare qualche congettura! È tristo; ma ora almeno le famiglie sanno che le ossa dei loro cari non sono più disseminate per la campagna, sanno che c’è un luogo dove possono andar a pregare, e sentirsi più vicini ad essi; possono dire almeno: — Dove i nostri morti sono sepolti, andarono a inginocchiarsi tre popoli; là si pregò per essi anche da coloro che li uccisero; molte generazioni andranno a piangerli e ad onorarli insieme ai mille che morirono con loro.

Si celebrarono brevi esequie per l’anime dei morti, dopo di che il vicario di Verona venne innanzi, e dai gradini dell’altare lesse un discorso pieno di nobili sensi e di alti pensieri di religione e di patria. Parlò dopo di lui il rettore del collegio di Desenzano, interrotto tratto tratto dagli applausi degli uditori e dal fragore di ripetute scariche del battaglione di fanteria e delle guardie nazionali schierate lungo il viale dei cipressi. Lesse ultimo un discorso il ministro della guerra. Disse dei sacrifici fatti dall’Italia per redimersi dalla schiavitù e costituirsi in grande e forte Stato, del generoso aiuto della Francia, della stirpe dei nostri Re, e terminò apostrofando gli Austriaci morti in battaglia. — Nemici d’un giorno — esclamò — valorosi nemici!... Il vostro sagrificio fu glorioso per il