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la battaglia di solferino e san martino. 55

mento, ripiega fino alla Monata e alle case vicine; assalita sulla sinistra, si difende, perdendo terreno. Muore il maggiore Bosio del 6º reggimento, il general Cerale è ferito, ferito il colonnello Vialardi; ferito il colonnello Plochiù, ferito il maggiore Polastri, ferito il maggiore Botteri, e cento altri valorosi.

La 5ª divisione combatte con varia fortuna contro San Martino, e dai due lati della strada di Pozzolengo; si impadronisce delle case Chiodine e della casa Plandro; il generale Cucchiari, il generale Pettinengo, il generale Gozzani, ardenti di coraggio e d’entusiasmo, preparano i soldati ad assalir le Casette e le alture della Chiesa; ma il nemico è grosso e tenace, e l’assalto, pur troppo, qui come altrove, con molto valore e molto spargimento di sangue tentato, riuscirà vano.

E anche la colonna di diversione mandata a San Donnino è stata respinta dalle forze soverchianti della sinistra austriaca, e ha dovuto desistere dalle offese.

Dunque da ogni parte s’ha la fortuna nemica; dunque è fatale che il numero prevalga alla virtù, alla giustizia, all’amor di patria; che non si possa strappare dalla nostra bandiera il velo nero di Novara; che questo giorno solenne, da tanti anni sospirato, preparato, pregioito, invece di rifarci delle antiche sventure, ce ne aggravi sul capo una di più; che l’ira, da sì lungo tempo e così amaramente compressa in fondo al cuore, ci resti soffocata e ci consumi; che sia delusa la speranza d’Italia, la fiducia della Francia, l’aspettazione dell’Europa; che si debba arrossire in faccia a coloro che son venuti a spargere il loro sangue per noi, e mordere la polvere mentr’essi cantano vittoria?

Sono le sette.

Un’estrema prova. Un assalto generale su tutta la fronte; otto reggimenti in linea; tutta la brigata Aosta, tutta la brigata Casale, tutta la brigata Aqui, il 7º, il 14º, tre battaglioni bersaglieri, venti cannoni