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36 la battaglia di solferino e san martino.

— Non crediamo ancora che gli Austriaci abbiano osato di ripassare il Mincio, — dicono gli ufficiali generali che gli stanno intorno.

— L’hanno passato, è una battaglia generale, — risponde Napoleone. Scende, monta a cavallo, vola dal Mac-Mahon, gli dà gli ordini, e volge a sinistra di galoppo verso il Baraguay-d’Hilliers.

Alla destra del 1º corpo, la brigata Dieu, protetta dalle artiglierie di Monte Fenile, s’è spinta di cresta in cresta fino a Solferino; gli Austriaci si fanno di momento in momento più fitti e più accaniti; la brigata Dieu, miseramente diradando, continua ad andar oltre; il Dieu cade mortalmente ferito.

Alla sinistra, il Ladmirault ha posto in batteria quattro cannoni che fanno terribile strazio delle schiere nemiche. Le brigate F. Douay e Négrier si lanciano assieme all’assalto. Gli Austriaci danno di volta; ma, dividendosi, scoprono nuovi battaglioni, terribilmente compatti, che rovesciano sugli assalitori una tempesta di palle. Il Ladmirault, ferito alla spalla, fasciato in furia, si svincola da’ suoi aiutanti di campo che lo vogliono rattenere, e ritorna a comandare la divisione, a piedi, appoggiandosi al cavallo. Il combattimento ingrossa e inasprisce. Gli Austriaci conoscono quel terreno a palmo a palmo, e a palmo a palmo lo contendono. Il momento è gravissimo. Il Ladmirault ordina che si slancino all’assalto le ultime riserve della divisione; in quel punto un’altra palla gli passa la coscia. — Non è nulla, — egli grida agli ufficiali che gli accorrono intorno, e con supremo sforzo continua a reggersi in piedi, col braccio stretto al collo del cavallo, pallido e sanguinoso. A un tratto vacilla, è sorretto; fa chiamare il generale Négrier, gli affida la divisione; lo trasportano fuori del campo; egli si volge a guardare ancora una volta i suoi bravi soldati che combattono e muoiono per la libertà d’Italia e per l’onore della Francia.