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un’adunanza popolare nel colosseo. 137


Si fa un generale silenzio e si ode una voce incerta e sottile:

— Io piglio la parola in un momento solenne....

Un rumore improvviso da una parte dell’anfiteatro copre la voce dell’oratore.

— ....Io piglio la parola in un momento solenne....

Un tale accanto al pulpito lo interrompe; l’oratore si volta bruscamente: — In nome di chi parla lei? In nome del deputato Checchetelli?

Segue un diverbio, il Montecchi s’intromette, l’oratore ricomincia a parlare.

— Forte! Forte! — grida la folla.

— Salga su! gridano i membri della Commissione. Venga qui sul pulpito! si farà sentir meglio!

E tutti insieme pigliano l’oratore per le braccia e lo tirano su. Tutta la persona di lui sovrasta alla folla. È un giovane sui venticinque anni, alto, pallido. Ha il capo fasciato. È stato ferito dagli zuavi salendo in Campidoglio. La folla prorompe in applausi.

— Silenzio!

Egli parla.

Sulle prime non si sente; ma la sua voce man mano si innalza e si rafforza, e la parola esce vibrata e distinta.

— ....Ben fecero gli egregi uomini della Commissione a radunarsi in questo antico ed augusto ricinto. Essi dimostrarono con ciò che d’ora innanzi gl’interessi del popolo non saranno più abbandonati agl’intrighi delle consorterie, ma discussi e propugnati alla luce del sole, in mezzo al popolo e col popolo!

Scoppio d’applausi.

— Non si scherza, — bisbiglia il popolo. — Le canta chiare. — Non ha paura di nessuno.

L’oratore prosegue: — ....In questo recinto che il tempo corrose, ma non distrusse; fra queste mura annerite dai secoli....

Violente interruzioni: — Alla questione!