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non afferrai altro che la parola Moncalieri; dopo di che rispettai il suo dolore, e tirai innanzi.

Nella tenda accanto v’erano i due marinai: il Ranni, ordinanza del comandante, e Luigi, calafato a bordo del Dora, napoletano, un gïovanetto gentile, sveglio, operoso, che in due giorni s’era cattivata la simpatia di tutti. Avevano il lume acceso e mangiavano. Tendendo l’orecchio, colsi qualche parola del loro dialogo. Era assai curioso. Luigi domandava a chi fossero destinati gli schizzi a matita che facevano i due pittori sui loro album. — Oh bella! — rispose il Ranni — al Re, si capisce. — Così senza colori? — domandò l’altro. — Eh no: tornati che saranno in Italia, prima ci metteranno i colori e poi li manderanno. — Chi sa quanto glieli pagano! — Eh molto, si sa. Magari uno scudo il foglio. Un re non bada ai denari. — Temendo d’essere scoperto e sospettato di spionaggio, rinunziai, mio malgrado, a sentire il seguito, e mi allontanai in punta di piedi.

Uscii un’altra volta dall’accampamento e girai per qualche minuto in mezzo a lunghe file di cavalli e di mule, fra le quali riconobbi, con una dolce emozione, la mia bianca compagna di viaggio, che pareva assorta in profondi pensieri. Uscito di là, mi trovai davanti alla tenda