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Da Ponte, un libretto di bellissimi versi, che un vostro bravo compatriotta pubblicò ultimamente in questa cittá. Se avete piacere di leggerlo, posso prestarvelo. — Come dal formato e dalla legatura io avca conosciuto e il libro e l’autore, cosí la ringraziai del favore, senza poter nascondere un sorrisetto, che la damigella parve disapprovare, e, gridando: — Invidia, invidia! — mi volse il dorso e parti. Questo «saluto dorsale» poco piacendomi, corsi a casa, mi chiusi nella mia stanza, e, avendo avuto giá in dono quel libro da un buon amico ch’avea l’intenzione di farmi ridere, mi misi a farvi delle noterelle, che mandai a presentare a quella damina, e che presenterò tra le note di questo volume al mio paziente lettore. Per un saggio frattanto di questo invidiabile cigno esibisco, a chi ha voglia di ridere, questo proemiale sonetto ò). AL LETTORE Se mai fia che tu creda ch’io credessi che piacer ne trarresti, queste rime di Iacopo leggendo? ch’apponessi dirti vorria, non è, non ch’io lo stime. Bensí volea e vorrei che tu vedessi, ma per gli occhi del cor, come n’opprime a volte il fato; e che pietá n’avessi, s’egli lo suo dolore pur t’esprime. Che tu ’I voglia biasmar, gnaffe! non credo, che in Parnasso non scrisse le sue carte, ma infra sospiri, e guai, s’io ben travvedo. Non soffriratti il cor censore farte di chi privo d’amici, patria e Credo, qui venne per raccòr e vele e sarte!

Sarte, ossieno corde, di cui il signor poeta ha sommo bisogno. Ecco, signori italiani, i coadiutori che diemmi la mia fortuna in America per inalzare una reggia alle tosche muse ! Che avrebbe (i) Con punteggiatura dell’autore.