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offerte e delle proposizioni onestissime, ch’io accettai di buon grado e ch’essi colla maggiore esattezza per piú d’ott’anni mantennero.

Fu quando vidi nella mia casa mille volumi di scelti classici, che, per dar un’idea de’ nostri tesori agli americani, determinai di pubblicare un Catalogo ragionato , che alcuni anni addietro io aveva scritto per semplice instruzione de’ miei figliuoli. Non aveva meco a quell’epoca né il Tiraboschi né l’Andres né alcun altro scrittore di storia letteraria; e il villaggio, in cui io viveva quando dettai quel catalogo, non aveva mai avuto l’onore di vedere nemmen la coperta d’un libro italiano. Non poteva dunque sperare, non che pretendere, di non cader qualche volta in errore, tanto nell’epoche che ne’ giudizi, che trassi intieramente dalla memoria, e a cui la mia opinione e il mio proprio gusto si conformava. Ardisco creder nulladimeno che, ad onta di tali sbagli, abbia e il mio catalogo e le mie note contribuito di molto alla conoscenza de’ nostri autori e alla diffusione delle loro opere in queste contrade; ed ebbi la gioia qualche tempo fa di sapere che tanto alcuni venditori di libri che i collettori delle pubbliche biblioteche si son di quello giovati per tirar dall’ Italia le nostre letterarie ricchezze, ch’erano prima del tutto ignote in tutta la vastissima America. Né voglio tacere un altro gran bene che seppi pur derivare da quel Catalogo , il quale, essendo, per mezzo d’un italiano, giunto nella cittá di Messico, fu cagione che fossero, oso dir per la prima volta, trasportati in quelle parti alcuni raggi della nostra letteraria luce. Questo italiano fu il signor Rivafinoli di Milano, assai noto generalmente per le sue granili intraprese e pe’ suoi viaggi. Questi, essendo passato l’anno 1S24 per questa cittá, e quel mio Catalogo a caso vedendo, venne tosto da me, comperò molti bei libri che portò seco a Messico, e fu poi cagione ch’altri dopo di lui ne portasser degli altri, che invogliaron piú messicani d’imparare la nostra lingua e di studiare i nostri scrittori. Ebbi il piacere io medesimo d’insegnarla a piú d’uno e di mandare molt’opere italiane a quella cittá, e tra l’altre quelle di Machiavelli, di Beccaria, di Filangieri e di Gioia.