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trovar guarentia: chi non era a casa, chi avea giurato di non segnar il suo nome per chi che sia, e chi si burlava di me. Erano suonate le sei della sera; io era giá alle porte delle carceri, quando quel cortese contestabile, impietosito dal caso e dagli anni miei: — Tolga Dio — disse — ch’io chiuda in una prigione un personaggio dell’etá sua e della sua presenza! Ella ritorni a casa, io la vedrò domattina. — Questa fu la seconda volta in mia vita ch’io trovai in genti di tal mestiere quella pietá, che non ho ancora trovata in mille chiamati «grandi» dal mondo. La mattina mi vide: trovai due mallevadori, e prima che suonassero le nove partii per Sunbury. A Reading seppi che il mio protettore assistente era partito per quel paese quattr’ore prima. Arrivato a quel borgo, s’abboccò con due avvocati, che fecero cercare dello scerifo. Non potendosi ritrovare, si mandaron de’ messaggi per ogni parte, e nella confusione, cagionata dalla fretta che aveasi di porre un sequestro nella mia casa, si riseppe la sua intenzione da molti. I curiosi la sparsero per la borgata; e, appena giunse all’orecchio di «centogambe» Tommaso Robins, ei corse velocemente a casa mia e, a forza di chiacchiere, di proteste, di giuramenti, seppe ottenere da’ miei domestici tre stufe, un carro, sei cavalli e i lor fornimenti. Chiuse le porte, le finestre ed ogni entrata della mia casa, portò il tutto da sé, e, sapendo ch’io doveva giunger la sera, spedi un messaggio alle barriere per informarmi di ciò ch’era accaduto: venne quindi egli medesimo ad incontrarmi, e, affettando la piú cordiale amicizia, me ne disse tante quel traditore, ch’io gli diedi in guardia anche il cavallo mio ed il calessimo. Gli avvocati contrari, pochi di dopo, vennero da me, e ci accordammo assai facilmente. Riapersi i magazzini e ridomandai i miei effetti da Robins. Mi furono rifiutati ! Non perda per caritá il mio lettore il filo curioso di questa storia. Giovanni e Tommaso Robins erano miei mallevadori in due differenti azioni, ma Tommaso doveva a me cento e novantasette piastre in bilancio di varie mercatanzie. Scegliemmo unanimemente G. Grant, soggetto rispettabile di quel borgo, per revisore de’ conti e per arbitro. Esaminate le carte, ordinò eh’ io pagassi