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tutto a un tratto ad alcune centinaia di piastre (II, 59). Sennonché di codesta ereditá cotanto vagheggiata il D. P. fini per non avere un soldo (II, 31), giacché, giunto a Sunbury, non tardò a rompersi con la cognata (II, 14, 31), nella qual cosa parè che avesse qualche parte quel «traditore di Northumberland», di cui egli tace il nome, e che, dopo aver tentato «di macchiare l’onore e il nome» del D. P., avrebbe anche «seminati i germi della discordia tra vari membri» della famiglia di lui (II, 26). — Forse era giá morto nel 1811 il suocero del D. P., Giovanni Grahl: ancor vivo invece e ritirato anch’egli a Sunbury era il cognato, Pietro Grahl, di cui il D. P. parla lungamente (II, 21), accusando anche lui di «tradimento» (II, 24), ma che per altro mori prima del 1818, anno in cui il nostro autore iniziò un’inutile lite per l’ereditá di lui (II,42-4). — Voler poi stabilire una cronologia anche congetturale in quel groviglio di cattivi affari e di peggiori litigi giudiziari, che furon, si può dire, l’occupazione favorita del D. P. a Sunbury, sarebbe cosa vana. Certamente non deve mancare qua e lá qualche anacronismo. P. e., la rottura del D. P. col suo segretario e agente O. P. (II, 27-8) è fissata da lui alla fine del novembre 1814 (II, 28): dopo di che egli avrebbe agito giudiziariamente contro le due complici di lui (II, 29); affidato il syo negozio a una cameriera americana, che da «dodici anni» (dunque dal 1803, quando il D. P. era ancora a Londra!) viveva in casa sua; sofferta la delusione della perdita dell’anzidetta ereditá della cognata (II, 31), di cui egli, qui, pone la morte verso il 1814, ma che in séguito fa morire, per una seconda volta, verso il 1821 (11,59); e finalmente presa, per questa ragione, la risoluzione di ipotecare la propria abitazione, ricevendo con molto ritardo certo danaro, che gli servi a pagare i suoi debiti : — tutte cose, che non si sarebbero potute svolgere se non in un periodo di parecchi mesi. Eppure posteriore a tutto ciò sarebbe stata, secondo il racconto dapontiano (II, 32), la stipulazione della pace tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti, che, come tutti sanno, ebbe luogo nel decembre dello stesso 1814. — Comunque, il 14 agosto 1818 il D. P. abbandonava definitivamente Sunbury per Filadelfia (II, 40), conducendo seco soltanto il suo primogenito Giuseppe, e lasciando provvisoriamente a Sunbury la moglie e il resto della famiglia (II, 48). Qualche frangia dev’essere nel racconto dell’acquisto della Storia del Tiraboschi e dei dugentocinquanta volumi dei Classici della letteratura italiana di Milano (II, 41), che, poco piú appresso (II, 49), calano a centoquaranta: poiché in una lettera a Michele Colombo, scritta appunto da Filadelfia il 24 settembre 1818 (Bernardi, pp. 180-1), il D. P. ricorda semplicemente un libraio francese, che aveva portato da Parigi una ricca collezione di opere italiane, la quale non si era potuto ancora acquistare da lui, perché troppo cara per la sua borsa. In tutto ciò quindi non c’entra affatto il «giovanetto italiano» (II, 40), per quanto il D. P. conoscesse in quel tempo a Filadelfia un italiano, e cioè Luigi Pittori, che gli aveva recate notizie del Colombo (lett. cit., in Bernardi, p. 179).