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e sopra tutto dalla mala fede di un giovane M** - * (che gli doveva o gli aveva promesso del danaro), e versava in condizioni finanziarie non troppo floride, poteva, per altro, inviare al vecchio padre un sussidio di una ventina di zecchini, e offrire al fratello, che infatti poco di poi venne a raggiungerlo a Londra (I, 268, 271, 275), un impiego in una fabbrica di pianoforti, in cui egli era interessato. E i suoi guai futuri sarebbero stati certamente minori, senza la sua continua preoccupazione di «far fortuna», di cui è traccia anche nella lettera or ora ricordata, e che lo indusse fin dal 1799-1800, e non giá piú tardi, secondo egli dice (I, 255-6), a entrare in rapporti commerciali col musicista napoletano Domenico Corri (1744-1825), il quale, stabilitosi a Londra fin dal 1774, vi aveva fondata, in societá col compositore boemo Giovali Luigi Dusseck ( 17611812), marito di sua figlia Fanny (cantante di valore), una casa editrice musicale, la cui gramissima vita era giá terminata ingloriosamente nel 1800 con un fallimento e la fuga del Dusseck, non a Parigi (I, 256), ma ad Amburgo (Fétis, III, 19S-9, 366-8; Eitner, III, 65, 291). — Soltanto dopo che gli andò a male quest’áltro affare, e quindi nel corso del 1800 o ai principi del 1801, il D. P. dovè pensare a metter su una libreria italiana (I, 248). Certamente l’incontro col tenore forlivese Antonio Pellegrino Benelli (1771-1830), noto assai piú per una losca polemica che ebbe piú tardi a Berlino con lo Spontini che per la sua mediocre voce, e la faccenda, non eccessivamente corretta, dello sconto della cambiale del Taylor (I, 249), non poterono aver luogo se non in quel tempo, giacché il Benelli, venuto a Londra nel 1798, partiva di giá nel 1801, non per Napoli, ma per Dresda (Fétis. II, 133). — La libreria, sita, come dice altrove il D. P. (II, 204 «), ad Haymarket, nella stessa strada del teatro, sarebbe stata aperta al pubblico, se è esatta la data fornita dalle Memorie (I, 250), il i° marzo 1801; nel qual caso essa non avrebbe avuto, in quel primo periodo, piú di dieci giorni di vita, giacché il dieci di quel mese, come si è detto, il neo libraio, per un cumulo di cambiali insoddisfatte del Taylor, secondo egli afferma (I, 242), ma che potrebbero anche essere stati effetti da lui avallati pel Corri o pel Dusseck, o magari firmati in nome proprio, veniva tratto in arresto (naturalmente dopo un processo per bancarotta, che sarebbe interessante ritrovare a Londra). In qual guisa poi egli, fallito, riuscisse a riprendere il suo commercio e a mettere in circolazione nuove cambiali, non si riesce a intendere; tranne che non si supponga che fin da allora entrasse, in luogo del Dulau, nella ditta Dulau-Nardini (I, 261), ponendosi cosí in condizione di rimpannucciarsi, di pagare i propri debiti, di far revocare la sentenza di fallimento, di riacquistare l’intera proprietá della sua antica tipografia (I, 251), di commerciare novellamente in nome proprio e di commettere un nuovo cumulo di leggerezze e di errori, tra cui quell’affare rovinoso col Cuthbert (I, 269), nel quale fece impigliare anche suo fratello Paolo e che non si capisce in che cosa precisamente consistesse. — Comunque, del 1802, e non del 1803 (I, 267), dovrebb’essere