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di riceverne; sia perché egli stesso afferma altrove (II, 70) di non aver voluto apporre la sua firma a una cambiale del C. ; sia infine perché a siffatto prestito egli non fa alcun accenno nelle sue lettere al C., nelle quali (cfr. Molmenti, Cari, cas., I, 272) son pure ricordati i due zecchini presi dall’avventuriero veneziano come mediazione nella vendita del calesse ribaltato (I, 178). — Partito poi il C. da Vienna, il D. P. restò con lui in relazioni epistolari. Nel 1786, p. e., pare che gli scrivesse, con molte maligne amplificazioni, di alcune scappatelle di Caton M. (che il C., l’anno innanzi, era stato sul punto di sposare); donde furie della donna, che minacciò perfino di recarsi a casa del D. P. per dichiararlo «le plus infame délracleur du monde» (lettere di Caton M. al C. del 12 aprile e del 16 luglio 1786, in Ravá, pp. 233 4, 236). E conoscente viennese del D. P. fu anche Maria Rizzotti Kaiser (figliuola di quell’Angela che, con la sua onestá, fece tanto disperare il C. nella sua prima gioventú : Mèmoires , I, 70 sgg.), come si desume da una lettera di lei del 27 agosto 1788 (Rava, p. 147), nella quale si accenna a un’altra lettera scritta in quel tempo dal C. al D. P., e che, probabilmente, sará stata quella, in cui, con grande irritazione del D. P., che non gli scrisse piú per circa due anni, il C. aveva espressa rudemente la sua opinione su alcune poesie dapontiane (forse i Saggi poetici), di cui l’autore gli aveva mandate a Dux le bozze di stampa (lettere del C. al De Collalto dell’11 luglio 1788 e del 2 marzo e io aprile 1790, in Molmenti, Cari, cas., I, 28, 32, 40). Ciò non pertanto, il C. si dolse sinceramente, e appunto a causa del D. P., del licenziamento della compagnia buffa italiana (citata lettera al De Collalto del io aprile 1790); e, quando poi il nostro autore, caduto in disgrazia, smise il muso e gli scrisse, si affrettò a rispondergli, consigliandogli di recarsi a Roma o a Madrid (lettera del D. P. al C. del 24 giugno 1791, in Molmenti, Cari, cas., I, 264). — Dell’accoglienza cordiale e degli eccellenti consigli ricevuti a Dux, c’informa il D. P. stesso (I, 178). E consigli non meno buoni il vecchio avventuriero dovette dare anche alla Nancy, la quale non mancò in séguito di mandargli per lettera qualche «bacio», promettendogli anche di serbar eterna memoria di lui «e dei saggi consigli ed avvertimenti» che le erano e le sarebbero venuti «dalla sua bontá e provata prudenza» (Molmenti, op. cit., I, 279); per quanto poi, diventata, da Nancy, inistress Da Ponte, trovava che il C., per non essere stato mai ammogliato, avesse sbagliato nel dare a lei, che, come inglese, aveva proscritto i santi, «le petit conseil que volre ilalien santo Ambrogio n’a pas manqué donner á sa nation», e che pare consistesse nel suggerirle di mettere a profitto i suoi vezzi per impinguare il bilancio domestico (Molmenti, I, 312). — Sotto l’impressione delle amabilitá casanoviane, il D. P., nella sua breve dimora a Dresda (I, 183), durata dal 16 al 27 settembre 1792, scrisse una dopo l’altra al C. le due citate lettere del 21 e del 24-6 settembre: dalle quali si desume che il Mazzolá gli fece «molte carezze» e lo invitò un paio di volte a pranzo, ma che, conoscendo l’uomo, non volle che egli si presentasse al conte